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Definita
Dakota Willink


Un amore. Un destino. Ma basta una sola persona per far cadere tutto il castello di carte… Dall'autrice di bestseller Dakota Willink, arriva il secondo libro della serie Cadence- una seconda possibilità di una storia romantica che vi lascerà senza fiato. Un amore. Un destino. Ma basta una persona per far cadere tutto il castello di carte…   Cadence  Diciassette anni fa, Fitz Quinn mi ha rubato il cuore.   Ha preso la mia innocenza e poi mi ha lasciata a pezzi.   Quando uno scherzo del destino ci ha portati di nuovo insieme, ho imparato velocemente che neppure il tempo ha potuto affievolire la nostra chimica.   Fitz era più sexy che mai—un uomo di successo e provocante.   È diventato l'uomo che ho sempre saputo sarebbe diventato e il calore tra noi è diventato presto insopportabile.   Nonostante la promessa che avevo fatto a me stessa, i muri che avevo costruito attorno al mio cuore hanno cominciato a cedere.  Prima che potessi fermarlo mi sono di nuovo innamorata persa di lui. Ora, però, le cose sono molto più complicate.   Ci sono delle  vite in gioco.  Devo valutare le mie opzioni e decidere se vale la pena sacrificare i miei valori per l'unico uomo che abbia mai amato.    Fitz  Mi chiamano il faccendiere di  Washington.   Sistemare l'errore che ho fatto con Cadence tutti quegli anni fa dovrebbe essere semplice.  Solo che non lo è.  Le cose non sono esattamente come erano una volta.   Cadence è lo forza motrice di una organizzazione non profit e lei gestisce ogni caso con la determinazione di uno squalo. Io sono il capo di una agenzia di Pubbliche Relazioni—un'agenzia che rappresenta clienti che sono proprio l'opposto di tutto quello per cui si batte Cadence. Cosa dicono sugli opposti che si attraggono?  Cadence, però, sta nascondendo qualcosa— lo so.   Ora sono a un bivio. Devo decidere se valga la pena andare contro mio padre per inseguire una seconda possibilità con lei.   Una mossa falsa e la mia reputazione potrebbe essere distrutta.








Definita




Indice


PARTE 2 (#udf7c0c71-20a6-5e3f-9a14-5b5c47853028)

Capitolo 1 (#ub1f9d136-0cd6-552e-8f9a-fa99e22e9d6d)

Capitolo 2 (#ua167214e-21a9-5d83-9f10-635f52fe9043)

Capitolo 3 (#u3818a89f-2179-5edf-8f11-e70e84e48e31)

Capitolo 4 (#u7c0591dc-eebd-51e9-9fe1-05dd744a79af)

Capitolo 5 (#u2ab9fd9e-7d4c-5da2-97b1-8f51d302566f)

Capitolo 6 (#u6d24c719-9bb2-5baa-8afb-c829e3e32903)

Capitolo 7 (#u23185555-768b-5c02-8c0c-ca24fbf356a9)

Capitolo 8 (#u30de5365-9827-58d5-9723-e120a2dfdec3)

Capitolo 9 (#u2903cd5d-b2ed-5eab-a5f6-5db690a4aaa0)

Capitolo 10 (#ud6223ed8-48dd-5f28-a263-6d564d158c9d)

Capitolo 11 (#u4c67f195-e4b9-566d-9fac-1019c96abc83)

Capitolo 12 (#uebe6975f-9349-5877-b31f-6386850c424e)

Capitolo 13 (#u4dd02452-6b63-5c42-a7f2-f4b402353bc4)

Capitolo 14 (#ue7025fe0-8ee2-57e2-adae-129f5d81a30b)

Capitolo 15 (#ueae231af-34cb-57bf-a754-020b069034ba)

Capitolo 16 (#u43d6a7f9-dd35-5300-8269-42d88f0b1c67)

Capitolo 17 (#uee8654bb-62d6-51c5-bb89-c16b79c4ada6)

Capitolo 18 (#u3d6ea4c4-d6a5-5065-8c32-a99f3b503d0f)

Capitolo 19 (#u1a0dae3e-ca18-5069-a10f-173cdc2c6928)

Capitolo 20 (#u91d32479-dcb5-5a7f-b8bf-305d0a5effc4)

Capitolo 21 (#uc306c836-deca-50d3-a8f0-bddc11f4cb5a)

Capitolo 22 (#u5afd79b4-dba9-5d8f-834e-96c5ec813eea)

Capitolo 23 (#ua5dffb00-8a24-5e40-ab7b-899dbc6c8faf)

Capitolo 24 (#u0217b06c-a3aa-519f-ab19-0e6c231597af)

Capitolo 25 (#u1d0d6a6c-4bae-5e82-910c-559a06141e06)

Capitolo 26 (#u9638b851-5a72-54eb-9889-1b957d734c0c)

Capitolo 27 (#u31f500c5-3262-5f61-824f-c7f819efd78d)

Capitolo 28 (#udc7a13c9-1825-5e84-8b68-2f84c062d4e4)

Capitolo 29 (#u3bad3281-0cbc-506c-92ca-b449bfd8bf21)

Capitolo 30 (#u8ebd6ae8-f052-5119-b7c1-b1344b567509)

Capitolo 31 (#u4492b8aa-1af3-5dc6-a377-a8e00bee7ae2)

Capitolo 32 (#u14900119-6f68-54ae-b85d-7ebb07f1672d)

Capitolo 33 (#ue0373f05-54cd-5bd0-b105-31bfe6d3c2e2)

L’autore (#u5efb2ffd-ccf6-5c95-a22d-3d5e3f2951a4)



PARTE 2


“La vita è fatta di scelte. Alcune le rimpiangeremo, di alcune ne saremo orgogliosi. Alcune ci perseguiteranno per sempre.”

- Graham Brown




1


Washington, D.C.

OGGI

Cadence

Sedevo nel mio ufficio e scuotevo la testa. Avevo appena finito di leggere un’altra notizia che mi aveva dato il voltastomaco. Cambiamento climatico, sanità, sparatorie a scuola, immigrazione, scandali nel governo—non c’era modo di sfuggirne. Qualche volta desideravo spegnere tutto quel rumore, la politica e le ingiustizie nel mondo. Poi, però, c’erano giorni in cui vedevo il bene sconfiggere il male, ricordandomi il motivo per cui facevo quello che facevo. Ogni volta che vedevo i buoni segnare un punto tutto tornava a valere la pena.

Alzai lo sguardo verso la gigantesca bacheca appesa sulla parete davanti al mio computer, piena di immagini di famiglie e di bambini sorridenti e di bigliettini di ringraziamento. C’erano lettere di apprezzamento dirette a me e ai miei colleghi dei Sognatori di Dahlia, che esprimevano gratitudine per il nostro lavoro nel tenere insieme la loro famiglia.

Sì, ne valeva la pena. LORO ne valevano la pena.

Sorrisi a me stessa proprio quando sentii bussare alla porta del mio ufficio. Allontanando il mio sguardo dalle foto dissi ad alta voce, “Avanti.”

Joy Martin, la mia migliore amica sin dai tempi del Campeggio Riley e attuale responsabile della pianificazione, fece capolino con la testa. Stava sorridendo, i suoi denti bianchi in netto contrasto con la sua liscia pelle color cacao. Restituii il sorriso, apprezzavo sempre il suo sorriso contagioso che non falliva mai nell’illuminare anche le stanze più buie. Il suo nome, Joy, cioè Gioia le si adattava—la emetteva ovunque andasse. Quella qualità la rendeva una vera risorsa per I Sognatori di Dahlia. Le persone che entravano dalle nostre porte avevano bisogno di tutti i sorrisi che potevano avere.

“Mi dispiace, Cadence. Sono stata bloccata in un miliardo di conference call oggi. Volevo passare prima. Come sta andando la giornata?” chiese Joy buttandosi su una sedia davanti a me.

“Non male. Ho fatto qualche piccolo progresso sul caso Álvarez dopo che la famiglia se ne è andata, ma non quanti avrei voluto. Poi sono stata distratta dalla notifica di una notizia che è apparsa sul mio telefono.”

“Ragazza, quante volte te l’ho detto? Ignoralo prima che ti faccia diventare pazza.”

“Ci è già riuscito,” dissi ridendo. “Comunque, devo ancora ripassare i miei appunti per l’incontro con Simon Reed. Dovrebbe essere qui alle tre. Si arrabbierà se non sarò preparata.”

“In realtà sono venuta per parlarti giusto di questo. Ha appena chiamato per dire che è bloccato in tribunale e che per oggi non ce la fa. Ha chiesto se può venire domani mattina alle nove.”

“Chiaro che vuole vedermi di sabato,” brontolai e alzai gli occhi al cielo. “Voglio dire, capisco che sta facendo questo lavoro gratis, ma qualche volta è una vera rottura di palle. Se non fosse un così bravo avvocato lo depennerei dalla nostra lista.”

“Dai, dai, abbi pazienza,” disse Joy con voce cantilenante. “Sai che è una rottura solo perché ti sei rifiutata di uscire con lui.”

“Chissene,” dissi facendo un gesto con la mano e usando di proposito uno dei termini preferiti da mia figlia perché sapevo quanto la irritasse. Odiava il modo in cui le generazioni più giovano accorciavano le parole. “Sai cosa ne penso dei maglioni a rombi che non si toglie mai. Sono orribili. E poi non sono in alcun modo interessata a lui.”

“Sì, sì, questo l’ho già sentito,” borbottò.

“Non cominciare con la solita storia che �devo uscire con qualcuno’. Sembri proprio come Kallie. E, a proposito, la cancellazione di Reed significa che posso tornare a casa prima e aiutarla a prepararsi per questa sera. Non ero sicura che ci sarei riuscita prima di questa notizia.”

Joy aggrottГІ le sopracciglia per dimostrare tutta la sua confusione.

“Cosa c’è questa sera?”

“Il ballo di fine anno, ricordi? Riesci a crederci? Dio, mi sento così vecchia. Sembra solo ieri che sono andata al mio, e ora sto per mandare la mia bambina al suo ballo. Vuoi venire da noi e unirti per tutta la preparazione? Sono sicura che a Kallie piacerebbe molto avere la zia Joy lì con lei,” aggiunsi.

“Mi piacerebbe molto! Mi dispiace perderlo, ma il prossimo mese sarà l’anniversario del terzo anno di matrimonio. Marissa sarà fuori città per lavoro e così abbiamo deciso di celebrare prima e abbiamo programmato una piccola gita per questo fine settimana. Andremo in auto fino a Philadelphia questa sera.”

“Wow! Sono già passata tre anni?”

“Il 26 giugno, bimba. Un giorno da segnare nei libri di storia!”

“Certo che sì,” risi. “Come potrei dimenticare il modo in cui ve la siete squagliata non appena è arrivata la sentenza della Corte Suprema? Tu e Marissa non potevate aspettare di stringere il nodo. Eravate proprio come dei teenager la sera del ballo scolastico!”

Non appena le parole uscirono dalla mia bocca la visione di mia figlia sedicenne che faceva delle cose che non volevo neppure pensare colpì la mia mente. Impallidii. Joy, dal canto suo, si schiaffeggiò il ginocchio con il palmo della mano e scoppiò a ridere.

“E qui c’è la speranza che la notte del ballo di Kallie non sia come la mia notte di nozze!”

“Non è divertente. Non è divertente per nulla,” dissi arrabbiata, ma avevo proprio pensato a quello.

“Oh, e un’altra cosa,” aggiunse Joy una volta calmatasi dal suo attacco di risa. “Il tuo editore ha chiamato mentre eri con la famiglia Álvarez.”

Mi accigliai subito.

“Per favore dimmi che sono buone notizie. Il ritardo ci sta uccidendo. Dobbiamo far sì che il libro sia pubblicato presto se vogliamo tenere accesi I riflettori sull’argomento.”

“Tutto va secondo i piani ed è tutto pronto per essere rilasciato entro le prossime due settimane. Ti ha mandato i file finali per la tua revisione. Dovrebbero già essere nella tua cartella di Dropbox.”

“Meraviglioso! É un enorme sollievo! Diamoci subito un’occhiata, vuoi?”

Joy venne dalla mia parte della scrivania mentre aprivo il link a Dropbox. Come previsto, trovai un file etichettato come E io sorrido—FINALE. Ci cliccai sopra con l’eccitazione che percorreva le mie vene. Quando la prima immagine apparve sullo schermo, non riuscii a trattenere la scarica di adrenalina che sentivo sempre quando i miei disegni prendevano vita in formato digitale. I colori sembravano più netti e molto più vivaci.

Ma, oltre all’eccitazione, c’era anche una sensazione di nervosismo. Anche se avevo pubblicato in passato molti bestseller, non c’era alcuna garanzia che l’avrei fatto di nuovo con questo specifico libro per bambini. I sognatori di Dahlia, l’organizzazione non profit che avevo fondato dieci anni prima si basava sul successo dei miei racconti e delle mie illustrazioni. Le implicazioni finanziarie legate a un possibile fallimento pesavano sempre molto sulle mie spalle. Visto che tutti ricevevano lo stesso salario, dovevo anche affidarmi a una parte dei proventi per sostituire il mio reddito personale. Nessuno diventava ricco lavorando per una organizzazione non profit.

“Wow, questi sono incredibili!” disse Joy entusiasta. “E se non te l’ho già detto, di questo mi piace molto la storia. Per me colpisce nel segno. Credo che tu abbia fatto un ottimo lavoro.”

“Mhmm…forse,” fu la mia sola risposta. Fissai pensierosamente il testo che era stato inserito per seguire le illustrazioni.

“Cosa c’è che non va?”

“Non lo so. Voglio dire, ne sono felice, ma mi domando se mi sono spinta troppo oltre o detto troppo in una volta.”

“No, non credo proprio tu l’abbia fatto.” Joy scosse la testa con veemenza. “E io sorrido tocca ogni aspetto, mostrando come il pregiudizio sia un comportamento appreso, anche se non lo hai fatto in maniera diretta se capisci cosa voglio dire. Non farti venire troppi dubbi. Secondo me ci dovrebbero essere più libri per bambini come questo.”

“Credo di essere solo nervosa, tutto qui. Considerando che i nostri fondi federali hanno appena ricevuto un taglio drastico, non possiamo permetterci poche vendite con questo libro.” Non aggiunsi che neppure io potevo permettermelo. La retta della scuola di Kallie era prevista per la fine del mese.

Joy tornò dall’altro lato della scrivania e riprese il suo posto. Poi si sporse in avanti con un’espressione d’intesa.

“Cadence, abbi un po’ più di fiducia in te stessa. Tutto andrà bene. Inoltre, non dimenticare il galà che sta per arrivare. I biglietti sono andati esauriti molto velocemente, sono sicura che sarà un successo. Hai fatto una cosa incredibile qui. Pensa solo a tutte le famiglie che I sognatori di Dahlia ha rimesso insieme o a tutti i giovani studenti a cui è stata data l’opportunità di fare qualcosa di grande. Quelle persone non avrebbero mai avuto una possibilità se non ci fossi stata tu. Sei amata da così tante persone, e il nuovo libro andrà bene anche per questo motivo.”

Contrassi le mie labbra ma non risposi. Forse mi stavo preoccupando troppo. Però, nuovamente, c’erano in palio delle vite. Le persone stavano contando su di me e il mio gruppo.

Diedi un’occhiata all’angolo superiore dello schermo del mio computer. Indicava le tre del pomeriggio.

“Visto che Simon non verrà, finirò le poche cose che mi sono rimaste da fare, poi andrò da Kallie. Ti dispiace tenere la postazione per il resto della giornata?”

“Cosa stai aspettando?” Joy fece un gesto con la mano come per sparare. “Va’ ora! Il ballo è una serata speciale per lei!”

Risi, pensando all’urlo di gioia di Kallie dopo che aveva finalmente trovato il vestito �perfetto’.

“Già, lo è. É anche così eccitata,” aggiunsi e cominciai a raccogliere i documenti con le informazioni sul caso Álvarez. “Andrò via fra pochissimo. Voglio solo sistemare tutto questo disastro sopra la mia scrivania prima di andare.”

“Beh, non metterci troppo.” Joy si alzò per andarsene. “Divertiti a farla bella stasera—non che Kallie ne abbia realmente bisogno. Quella ragazza ha il volto di un angelo!” Sorrise, ma il suo volto si incurvò un attimo, il rammarico era evidente nei suoi occhi. “Mi manderai delle foto, vero?”

Joy non aveva mai saltato neppure una festa di compleanno di Kallie. Sapevo che si stava sentendo un po’ male per perdersi quella serata. Le sorrisi per rassicurarla, dicendole in silenzio che capivo la sua situazione imbarazzante.

“Joy, è il tuo anniversario. Goditelo! Sai che ti manderò dei messaggi. Diavolo, puoi contare su di me per il fatto che ti farò esplodere il telefono con una cronaca minuto per minuto. Sarà come se tu fossi lì. Ora esci di qui così posso sistemare le mie cose,” le disse facendole l’occhiolino.

Una volta che se fu andata, misi in una cartellina i pacchi di fogli che avevo raccolto per Simon Reed e la depositai in una cassettiera piuttosto vecchia dove tenevamo i casi aperti. C’erano tre altri casi ancora da risolvere. Due di loro erano ancora in corso, e la prospettiva non era buona. Il terzo, invece, era stato chiuso il giorno prima ed era stata una conclusione lieta. Pensai al bambino che, dopo aver passato mesi separato, era stato riunito ai suoi genitori. Il suo caso era finito nella cassettiera con una etichetta con una faccina sorridente. Quello era lo scopo finale del nostro lavoro—creare sorrisi.

Quando mi girai verso la scrivania, notai un documento legale che faceva capolino da sotto un quaderno a spirale. Era una lettera di offerta che mi era arrivata una settimana prima. In un istante, tutta la mia eccitazione per Kallie e il suo ballo scomparve e mi sentii precipitare.

Lo tirai fuori e lo fissai, il testo mi provocò quasi un buco nel cuore. E questo succedeva ogni volta che guardavo quell’offerta. Era per l’ultimo pezzo di terra che i miei genitori possedevano ad Abingdon in Virginia. La proprietà—in tutto cento e quaranta acri—era passata a me dopo la loro morte oltre dieci anni prima. Era stata la loro vita e il loro sogno fino alla loro morte.

Sospirai mentre un’ondata di tristezza mi travolgeva.

“Mi manchi così tanto, mamma,” bisbigliai verso una stanza vuota.

Avevo ventiquattro anni quando mia madre era morta, mio padre l’aveva seguita poco meno di un anno dopo. Le loro morti mi avevano quasi distrutta, specialmente quando mi ero resa conto che mi mancavano le conoscenze e le risorse per mandare avanti il loro campeggio. Ero una madre single che lottava per stare a galla. Dovevo stabilire delle priorità. Incapace di permettermi il carico fiscale, alla fine cominciai a vendere pezzi di terra uno alla volta. Usai un po’ del denaro per pagare i miei debiti studenteschi e per dare vita a i Sognatori di Dahlia. Poi vendetti altra terra per comprare una piccola casa per me e Kallie, ma le scuole non erano il massimo. Vendetti altra terra per potermi permettere di mandarla a una scuola privata.

Ora erano rimasti solo trentasette acri. La retta della scuola di Kallie e il destino de i Sognatori di Dahlia erano sulla bilancia. Nonostante l’incertezza sul mio futuro finanziario, esitavo nel venderla per una delle clausole principali. Il compratore interessato rifiutava di dividere la proprietà che includeva il cottage estivo dove avevo vissuto con i miei genitori e il lago nelle vicinanze.

Il mio lago.

Quello era il vero motivo per cui non riuscivo a convincermi a firmare sulle lineette tratteggiate. Non avrebbe significato solo perdere la casa estiva della mia adolescenza. Avrebbe significato anche rinunciare al lago. Per quanto l’offerta fosse buona, il pensiero di rinunciare al mio posto segreto e al luogo dove ero passata da bambina a donna quasi mi distruggeva. Per me sarebbe stato come vendere un pezzo del mio cuore.

Avevo sempre amato il lago. Aveva un senso di bellezza e mistero che mi attirava. Trovavo magica l’afosa aria estiva e i tramonti. Visto il modo in cui avevo idealizzato il posto non c’era da meravigliarsi che fosse stato sin troppo facile innamorarsi lì.

Ricordi soffocati cercarono di tornare in superficie. Lottai per scacciarli, ma lo sforzo fu vano. Per quanto volessi negarlo, in fondo in fondo, sapevo il motivo che mi stava bloccando dall’essere d’accordo sulla vendita. Una vendita finale avrebbe significato la chiusura e non ero sicura di esserne pronta. Avrebbe significato rinunciare definitivamente a lui. Avrebbe significato che tutti i ricordi insieme sarebbe finiti con l’essere solo quello che erano—ricordi.




2


Fitz

Ero seduto all’esterno di un famoso pub irlandese di Washington e stavo osservando distrattamente il monumento a Washington in lontananza. Era una limpida giornata di inizio maggio. Era caldo ma il gran calore estivo non era ancora arrivato nella capitale della nazione.

Il senatore Robert Cochran era seduto davanti a me e si stava aprendo il suo secondo pacchetto di Marlboro Rosse. Mentre avvicinava il suo accendino alla punta dell’ennesima sigaretta, mi convinsi che aveva voluto incontrarci lì solo perché il pub permetteva di fumare nel patio esterno.

In realtà non era il posto ideale per incontrarci. Avrei preferito qualcosa di meno pubblico, come una saletta privata per riunioni o una suite al Jefferson Hotel. Cochran mi aveva detto che il mio ufficio era fuori questione e io capivo perché non voleva essere visto entrare nel mio edificio. Nessuno di loro voleva essere trovato lì. Avrebbe segnalato a chiunque stesse controllando che stavano sorgendo problemi. Se l’avessero visto i cani avrebbero cominciato a fiutare in giro. Sarebbero sorte delle domande portando a titoli simili a “Il senatore Cochran entra nell’ufficio di un faccendiere di Washington.” Poi mi sarei trovato un casino ancora più grosso tra le mani.

Mi guardai in giro, controllando la situazione nei dintorni. Era un orario tra il pranzo e la cena e così il ristorante normalmente affollato era quasi vuoto. Oltre a me e Cochran, gli unici altri clienti erano due donne sedute a quattro tavoli da noi. Sembravano giovani, probabilmente appena uscite dal college. Erano vestite professionalmente in tailleur con pantaloni, avevano i tacchi e stavano sorridendo e parlando animatamente tra loro. Potevo appena sentire le loro chiacchiere ma udivo abbastanza per capire che stavano discutendo di politica. Scossi la testa.

Nulla per cui essere eccitate, signore.

I giovani erano sempre così entusiasti. Sapevano così poco, dieci anni a Washington le avrebbero indurite. Avrebbero perso la voglia di lottare—tutta quella speranzosa ambizione che faceva credere loro di poter cambiare il mondo.

Lanciai un’occhiata a Cochran. Anche lui le aveva notate, ma non le stava guardando cautamente come avrebbe dovuto. No, invece di essere preoccupato per le implicazioni di essere visti insieme o per la possibilità che la nostra conversazione fosse sentita, quel coglione era occupato a controllarle. L’espressione sul suo volto era troppo famigliare—stava cercando di ricapitolare quale voleva portarsi a letto per prima.

Disgustoso.

Era vecchio abbastanza per essere il loro nonno.

“Gli occhi di qua,” sibilai a bassa voce. “Quell’occhiata curiosa è quello che l’ha messo nei guai.”

Cochran mi guardò, l’espressione impassibile.

“Ragazzo, non mi dia delle lezioni, sono in grado di cavarmela da solo,” disse in modo strascicato.

“Se fosse vero non sarebbe seduto qui ora. Mentre a me non interessa particolarmente per chi sta prendendo il Viagra, a sua moglie sì”

Questo fece sparire quel sorrisino dal suo volto grasso e arrogante.

Robert Cochran non aveva nulla di speciale nell’aspetto, ma questo non importava a quelle squillo d’alto bordo. Il suo denaro bastava loro perché gareggiassero per avere la loro parte. Patricia, la moglie di Cochran, non era una donna stupida. Dopo aver tollerato per trent’anni i suoi modi di fare beneficenza, alla fine ne aveva avuto abbastanza e aveva assunto un investigatore privato. Cochran era superficiale perciò non c’erano volute particolari abilità investigative per capire cosa fosse accaduto. In pochi giorni l’investigatore privato aveva raccolto centinaia di foto incriminanti—foto che Patricia non avrebbe avuto alcun problema a far trapelare alla stampa se suo marito non avesse pagato. Per la bella somma di cinque milioni. Gli avrebbe concesso un divorzio tranquillo e il Partito Repubblicano avrebbe evitato uno scandalo imbarazzante. Il problema era che Cochran non voleva darle un singolo centesimo.

“Per questo voglio assumere lei e il suo studio per risolvere il problema,” spiegò Cochran. “Suo padre ha detto che lei è il migliore. Si vanta che suo figlio, Fitzgerald Quinn, è il Faccendiere di Washington. Non posso permettere che la mia, fra poco, ex moglie mi rovini tutto. È una troia e sa cosa c’è in ballo. È l’anno delle elezioni e non possiamo permetterci di perdere un singolo seggio.”

Lo guardai freddamente, non interessandomi del modo in cui parlava di sua moglie, la madre dei suoi due figli in età universitaria. Per quello che sapevo di Patricia, sembrava una brava donna. Era impegnata nella comunità, promuovendo attivamente un programma di alfabetizzazione con le mogli degli altri senatori. Agli occhi del popolo sembrava la moglie modello di un funzionario eletto. Mentre potevo non sapere come fosse essere sposato con lei, sapevo che le apparenze erano tutto. E per questo motivo sapevo anche che non c’era alcun modo con cui potessi dare una svolta positiva alle indiscrezioni su Cochran.

“Mio padre ha ragione, sono il migliore. Ma ha sbagliato nel non dirle che io non prendo clienti che tradiscono le loro mogli con le prostitute. Mi dispiace Senatore, ma è venuto dall’uomo sbagliato.”

Mi alzai per andarmene ma Cochran mi afferrГІ il braccio.

“Non mi dica certe stronzate,” disse bisbigliando rumorosamente. “So che ha aiutato suo padre a uscire da parecchi casini in passato. Si tolga quell’aria di superiorità e scenda dal piedistallo!”

Quasi sussultai alle sue parole ma ero nel ramo da parecchio tempo e sapevo come mantenere il mio volto imperturbabile. Sapevo a cosa si stesse riferendo ma con chi scopasse mio padre non era di nessun interesse per Cochran. Tirai via il mio braccio e mi spazzolai la manica come se stessi scacciando una mosca. Prendendo il portafoglio gettai un pezzo da venti sul tavolo per pagare il gin tonic che avevo ordinato ma non bevuto.

“Abbia una buona giornata, Senatore Cochran,” dissi. Senza degnarlo di una seconda occhiata mi allontanai con noncuranza dal tavolo. Ero sicuro che il vecchio fosse furioso ma non guardai indietro e chiamai un taxi.

“Dove, signore?” chiese il guidatore.

“East End,” gli risposi.

Il conducente mi portò lungo il Potomac, superò gli elaborati memoriali ed entrò nel cuore della città. Rallentò e si fermò vicino alla Casa Bianca per permettere a un gruppo di turisti di attraversare in modo da poter ammirare l’esterno bianco immacolato. Io l’avevo vista innumerevoli volte e, quindi, quelle visioni avevano perso un po’ del loro fascino.

Tuttavia, sentivo sempre che la capitale aveva una forza discreta, una forza che era un costante ricordo del fatto di essere la casa delle persone più potenti della nazione. Con i suoi grandi monumenti, i prati di un verde lussureggiante, i politici e i candidati speranzosi di diventarlo che affollavano i locali e le strade, Washington era orgogliosa di essere la città più maestosa della nazione. Conoscevo la città a memoria. E se ero in grado di apprezzare e capire il suo ritmo, allo stesso tempo lo odiavo. Sì, c’era della bellezza, ma c’era anche una spietatezza di fondo che non poteva essere incontrata da nessuna altra parte. Chiunque doveva capirlo per sopravvivere lì. Chiunque non volesse alla fine diventare un’esca per gli squali.

Quando ci avvicinammo all’East End, diedi istruzioni all’autista affinché accostasse di fronte al mio edificio all’angolo della New Jersey Avenue NW. Pagai la corsa e uscii. Con pochi piccoli passi attraversai il marciapiede, spinsi le porte dai doppi vetri e andai direttamente negli uffici della Quinn & Wilkshire al settimo piano.

Quando si aprirono le porte dell’ascensore, mi apparvero gli interni appena rifatti. Una fontana era posta al centro della sala di attesa, ed emetteva il rilassante suono dell’acqua corrente a tutte le ore della giornata. Tutto era immacolato, compreso il granito nero del bancone della reception e la pelle lucida dei mobili. I pacati tocchi di grigio, crema e bordeaux davano all’agenzia di PR un’aria di fiducia e forza che si adattava bene ai molti clienti che attraversavano le nostre porte. Dai politici alle star del cinema alle importanti figure sportive—lavoravamo duramente per promuovere i nostri clienti e farli apparire di successo, onesti, importanti e il più eccitanti possibile.

Sfortunatamente le persone raramente venivano da noi quando le cose stavano andando bene. I nostri clienti di solito venivano a bussare dopo che le cose si erano messe male. Si andava dall’attrice in ascesa beccata in un video mentre tirava coca, all’atleta che poteva aver festeggiato troppo e aveva preso una multa per guida in stato di ebrezza. Nonostante quello che dicevano le persone sul fatto che non esistesse una cosa come la cattiva stampa, in realtà richiedeva tempo e comunque non era vero. La cattiva stampa non era mai nulla di buono. Il nostro lavoro era quello di allontanarli dalle luci della ribalta negative con una campagna di relazioni pubbliche positive. Lo facevamo e lo facevamo bene.

Quando mi avvicinai al mio ufficio la mia segretaria era lì a salutarmi.

“Buon pomeriggio, Angie,” dissi con un piccolo cenno del capo.

“Salve, signor Quinn. Ehm,” cominciò a dire nervosamente. “L’altro signor Quinn, suo padre, è qui per vederla. È nel suo ufficio.”

Certo che ГЁ qui. Quel fottuto Cochran probabilmente lo ha chiamato.

Non dissi, però, queste parole a voce alta. Poteva sapere che non ero felice di sentire che mio padre fosse venuto qui senza annunciarsi ma non c’era alcun bisogno che sapesse cosa fosse successo oggi.

Apparenze. Si tratta tutto di apparenze.

Invece di dire altro, le feci un altro cenno col capo e proseguii verso la porta del mio ufficio. Quando entrai vidi mio padre in piedi vicino alla grande libreria di acero dipinto di nero posta sulla parete sinistra più lontana. Sembrava stesse esaminando attentamente i titoli e questo lo trovai decisamente strano. Non l’avevo mai visto leggere un libro in vita sua nonostante la posizione che copriva all’interno del governo degli Stati Uniti.

Mio padre, Michael Fitzgerald Quinn, senatore dello stato del Maryland, puntava sempre alla perfezione. Emergeva sempre durante i dibattiti pubblici dove non mancava mai di coinvolgere la folla con la meticolositГ  delle sue parole. Quella precisione si estendeva anche al suo aspetto. Non passavano mai piГ№ di due settimane prima che I suoi corti capelli grigi venissero tagliati e il suo volto era sempre accuratamente rasato. Anche il suo abito era sempre impeccabile. Il Maryland, uno stato che normalmente votava democratico, sembrava essere caduto completamente nella trappola di questa finta facciata. Per chiunque lo conoscesse davvero non era altro che un travestimento per nascondere il predatore che si celava sotto la superficie.

“Papà,” dissi, passandogli vicino e prendendo posto dietro la mia scrivania. Mi rifiutai di essere più cortese di quanto meritasse.

“Ha chiamato Robert Cochran,” disse, senza perdere altro tempo sul motivo della sua visita.

“Supponevo che questo fosse il motivo per cui hai abbandonato il tuo piedistallo a Capitol Hill per venire a trovarmi.”

“Perché non te ne stai occupando, Fitzgerald?”

“Perché non voglio farlo,” ribattei realisticamente.

“Dove è Devon? Non è molle come te. Metti lui su questo.”

Non falliva mai. Quell’uomo raramente mi diceva più di due frasi senza lanciarmi una frecciatina. Gli lanciai un’occhiata impaziente mentre contavo mentalmente fino a dieci.

“Devon è ai Caraibi per una meritata vacanza, non che io debba spiegarti dove sia il mio socio. Si è fatto il mazzo e non lo chiamerò qui per questa stronzata e non ci metterò nessun altro membro del mio staff. Sistemare I casini di un viscido politico che non è in grado di tenere il suo uccello nei pantaloni non sarà mai nei programmi del mio studio.”

“Il tuo lavoro è quello di sistemare la pubblicità negativa. Se questo diventerà pubblico, l’intero partito ne soffrirà!”

Sospirai, seccato che mi stesse facendo sprecare il mio tempo e accesi il computer.

“Tu forse puoi esserti fatto l’idea che io sia un faccendiere di Washington, ma che tu ci creda o no, la mia società aderisce a un codice etico,” risposti bruscamente mentre osservano l’icona della piccola mela che si illuminava. Non mi sarei fatto coinvolgere da lui—avevo già dato. Lui sapeva perché non avrei mai preso un cliente come Cochran anche se non l’aveva mai capito o appoggiato perché anche le sue mani erano altrettanto sporche.

“Ah, scordatelo. É comunque ora che Cochran rinunci al suo posto,” concesse. “Ultimamente è finito molto spesso sotto accusa da entrambi i partiti per argomenti diversi. Sicuramente non vogliamo uno scandalo ma almeno ci dà una scusa per cacciarlo.”

Alzai lo sguardo, quasi scioccato per la sua resa così veloce. Mio padre non rinunciava mai senza combattere.

“Quindi tutto a posto?” chiesi con incredulità.

“Perché discuterne? So come la pensi. Sei un debole, nonostante tutti i miei sforzi di renderti più duro. L’unico motivo per cui rifiuti di prendere questo caso è per quello che è accaduto tra me e tua madre.”

Il mio sangue cominciГІ a ribollire al sentir parlare di mia madre. Il maledetto bastardo non perdeva mai occasione di menzionarla. Lo odiavo ancora per quello che le aveva fatto ma lui amava ancora ricordarmelo a ogni maledetta opportunitГ .

“Oh, intendi quando l’hai piantata in asso quando si è ammalata?”

Lui rise, il suono spietato e crudele mentre si sedeva sulla sedia davanti a me.

“Tu devi dimenticare. É morta da quasi trent’anni. Tu credi che io non sia migliore di Cochran, ma ci sono alcune cose che non capirai mai, figlio.”

Le mie dita si strinsero attorno al mouse sotto il mio palmo.

“Vattene,” sibilai, lottando contro l’istinto di urlare. Solitamente ero calmo, razionale—con l’eccezione di quando si trattava di mio padre. Lui sapeva sempre come premere i pulsanti giusti. Allentai la mia presa sul mouse e finsi di scorrere le e-mail, avendo bisogno di una distrazione per non prendere a cazzotti il vecchio.

Sfortunatamente, lui proseguì.

“Credi che non sappia come ti senti? Ti conosco meglio di quanto tu voglia ammettere, e so quanto sei stato e sei ancora devoto alla memoria di tua madre.” Fece una pausa e si massaggiò pensierosamente il mento. “Ma potremmo usarlo a nostro vantaggio. Hai perso tua madre quando eri solo un bambino… i votanti potrebbero essere solidali. Chiaramente dovremmo fare un sondaggio. Questo insieme a —”

“Di cosa stai parlando?” lo interruppi. I suoi giri di parole mi stavano stancando. Volevo solo che arrivasse al punto e che si togliesse dai piedi e dal mio ufficio. “Gli elettori non si interessano a me. Si interessano solo dei politici che finiscono con il diventare miei clienti.”

“Si interesseranno molto a te a novembre.”

Novembre?

Lo guardai con cautela. Mio padre aveva sempre un ordine del giorno che pensava solo a se stesso e stavo cominciando a pensare che non fosse venuto lì solamente per la questione Cochran.

“Perché sei venuto a trovarmi oggi?” domandai con cautela.

“Non ci vorrà molto tempo prima che Cochran annunci le sue dimissioni. Il suo tentativo di assumerti era semplicemente un tentativo disperato. Sa che è fuori. Una volta che darà ufficialmente le dimissioni, ci sarà un posto libero in Virginia. E sarai tu a occuparlo.”

Scossi la testa, i miei sospetti erano confermati.

No, ancora questo.

Aveva sollevato l’argomento della mia candidatura alcune volte in precedenza, ma non l’avevo mai preso seriamente. Tuttavia, questa volta c’era qualcosa di diverso nella sua espressione che mi fece gelare il sangue.

“Te l’ho già detto in precedenza, non ho nessun interesse per la politica.”

“Non he importanza quali siano i tuoi interessi. Non hai comunque più scelta.”

Ignorai il suo commento e lo salutai con la mano.

“Non c’è già Bateman pronto per correre?” chiesi, ricordando un’intervista che avevo visto pochi mesi prima in uno dei notiziari locali. “Lascia che lo faccia lui.”

“Bateman è un idiota. Si fa influenzare troppo facilmente dagli altri e non è per nulla sicuro che vinca. Ho già parlato con gli membri del partito. Tu sei una sicurezza, non Bateman. Hai gli agganci familiari e del passato per darti supporto. Le persone votano per coloro che li fanno sentire a loro agio. E tu sei a persona giusta, Fitzgerald.”

“Sono felice di fare quello che sto facendo. Io e Devon abbiamo un’azienda di successo e che fa profitti e che non lascerò perdere. E anche se volessi sarebbe impossibile. Le primarie sono fra due mesi. Non posso mettere insieme una campagna in così poco tempo,” insistetti.

“Abbiamo già i numeri dal comitato esplorativo che ho organizzato,” proseguì lui come se non avesse sentito una parola di quello che avevo detto. “Il comitato nazionale dei senatori repubblicani è d’accordo nel sostenerti. Non vogliono Bateman, ma non vogliono anche apparire prevenuti. Se decide di gettarsi nella mischia non lo fermeranno ma non gli daranno neppure il loro completo appoggio. Una volta che Cochran si dimetterà sarà come se l’elezione fosse incontrastata.”

“Anche senza il mio consenso sei andato avanti e sei partito comunque.” Sentendomi incredulo mi sedetti sulla sedia e scossi la testa. “Qualche volta sei veramente incredibile. Pensi di aver già risolto tutto, vero?”

“La tua più grande preoccupazione sarà a novembre. I sondaggi dicono che una donna da Richmond vincerà le primarie democratiche. Lei è l’unica che potrà mettersi sulla tua strada per la conquista del posto di Cochran.”

Mi chinai in avanti, allargai le mani sulla scrivania e lo guardai direttamente negli occhi.

“Non correrò per quel posto,” dissi per la seconda volta in meno di cinque minuti. “E se avessi anche un minimo desiderio di farlo, non sarebbe certamente per il tuo partito.”

Mio padre si alzò in piedi e colpì con il pugno il bordo della scrivania.

“Maledizione! Non cercare di giocare con me! È ora di crescere, cazzo, Fitzgerald!” urlò. “La tua aziendina ha successo solo perché ci ho pensato io. Ti ho lasciato divertirti, ma il tempo dei giochi è finito! Lascia che sia Devon a gestirla per un po’. Lo farai per il tuo paese e per il partito—il partito per cui sei registrato!”

“O altrimenti?” chiesi alzando un sopracciglio. Poteva infuriarsi quanto voleva. Mi rifiutavo di mostrarmi anche minimamente intimidito.

Lui incrociò le braccia sul petto e sollevò il mento. La sua rabbia si dissolse lentamente in qualcosa di freddo—quasi sinistro—mentre mi guardava con sufficienza.

“Allora farò trapelare la tua piccolo disavventura con quella ragazza durante i tuoi anni a Georgetown.”

Strinsi gli occhi guardandolo.

“Questo è successo anni fa ed è stato un tragico incidente. Lo sai tu come lo so io. Non sono più un ragazzino. Non puoi minacciarmi e continuare a tenere questa tegola sulla mia testa.”

“Non posso?” Disse con un sorriso ampio e a tutti denti. “Credo che la stampa divorerà una storia di una povera ragazza che è affogata a causa tua, incidente o meno. Riesci a immaginarlo? Il mediatore di Washington non è stato in grado di sistemare i suoi casini. Papà ha dovuto salvarlo. La tua vita sarà rovinata. La tua azienda affonderà. E tuo figlio ne soffrirà le conseguenze.”

Impallidii mentre una sensazione di paura cominciava a penetrarmi nelle ossa. Non me ne fregava un cazzo di quello che faceva a me, ma mio figlio era tutta un’altra faccenda. Era la mia vita. La mia responsabilità. La mia completa ragione di vita.

“Non faresti questo a Austin. Non puoi.”

“Posso e lo farò. E parlando di tuo figlio,” disse con disprezzo, enfatizzando la parla come se gli lasciasse un sapore amaro in bocca. “É tempo che tu ti trovi un’altra moglie. Bethany se ne è andata ormai da quasi undici anni. Gli elettori vorranno vederti mostrare forti valori famigliari. Maggiore stabilità.”

Il mio stomaco si contrasse. Era come se stessi vedendo una ripetizione della mia vita, il passato che costantemente tornava. Non gli avrei permesso di farmi questo di nuovo. Roteai gli occhi in un debole tentativo di mostrare che non ero intimorito dalle sue minacce.

“Tu mi stai prendendo in giro. La vecchiaia ti sta dando di volta al cervello. Con tutto quello che ho da fare, ho a malapena il tempo di avere un appuntamento, lasciamo perdere la sola idea di sposarmi.”

“A malapena? Quando è stata l’ultima volta che sei uscito con una donna?”

Strinsi gli occhi.

“Questi sono affari miei.”

“Beh, ora li sto facendo diventare miei. Non provare a prendermi per un idiota. So che non hai avuto nessun appuntamento. Ti stai ancora consumando per quella ragazza da—quanto tempo è passato ora? Sedici anni? La ragazza da—”

“Smettila. Adesso. Non hai idea di quello che stai dicendo,” brontolai. “Non esco a causa di Austin. Non ha bisogno di essere confuso da donne che entrino ed escano dalla mia vita. Tu mi hai insegnato anche troppo bene come è. Non seguirò il tuo esempio.”

Lui sbuffò e fece uscire un’altra risata crudele.

“Ho un incontro programmato con i leader dell’RNC domani sera. Ti farò mandare i dettagli dalla mia segretaria. Assicurati di esserci. Dobbiamo discutere della strategia della campagna. L’orologio sta già correndo,” mi ammonì come se non avessi detto una parola. Si mosse verso la porta per andarsene. Lo stronzo in realtà non sembrava per nulla turbato. Anzi più che sicuro di sé.

Poi…se ne andò. Ai suoi occhi la questione era definita. Mi sedetti alla mia scrivania, sentendomi relativamente stupefatto mentre pensavo a cosa mi fosse successo.

Mi massaggiai il volto con le mani, la barba che mi era cresciuta durante il giorno si fece sentire sui miei palmi. Mi alzai dalla scrivania, andai verso l’angolo bar e mi versai un drink forte. Buttandone giù un sorso il Johnnie Walker etichetta nera scese bruciando e mi scaldò le interiora. Ora, rimasto solo con i miei pensieri, camminai verso la finestra che costituiva la mia parete posteriore e osservai distrattamente il traffico.

Non avevo alcuna intenzione di correre per quel posto, ma le minacce di mio padre incombevano. Dovevo pensare a Austin. Mentre ero riuscito a difendere mio figlio dalla crudeltà di mio padre, sapevo che non era stupido. A quindici anni potevo vedere molto di lui in me—nel bene e nel male. C’era un lato ribelle in lui che mi faceva preoccupare. Anche se sentivo che avevo un buon rapporto con lui, avevamo litigato parecchio ultimamente.

Maledetti adolescenti.

In ogni caso, potevo essere in grado di superare l’imbarazzo di uno scandalo di quasi vent’anni prima ma non ero sicuro che Austin, un adolescente impressionabile, potesse gestirlo. Pensavo anche che una dura campagna politica e un esame pubblico che ne sarebbe derivato non fosse un’alternativa migliore.

“Fanculo,” sussurrai e gettai via quel che rimaneva del mio drink. Fissai il bicchiere vuoto, lottando contro il desiderio di versarmene un altro. L’alcool non era la risposta, un fatto che sapevo anche troppo bene.

Cosa sto facendo?

In quel momento avevo bisogno di un modo per scacciare tutta quella follia ma annegarla nell’alcool non era la risposta. Una rapida corsa attorno al National Mall era l’unica cosa che realmente mi schiariva la mente. Solitamente correvo di mattina quando la temperatura era più fresca, ma una bella sudata sarebbe stata la terapia perfetta dopo aver sentito gli ultimatum di mio padre.

Sciogliendomi la cravatta, mi diressi verso il mio bagno privato collegato all’ufficio per vestirmi da corsa. Mentre mi toglievo la mia camicia button down Calvin Klein, vidi allo specchio il mio tatuaggio sull’avambraccio. Lo fissai mentre le parole precedenti di mio padre mi riempirono la mente.

“Ti stai ancora consumando per quella ragazza…”

Quando l’aveva detto avevo quasi riso. Lui non sapeva delle molte notti che avevo gettato dopo la morte di Bethany, affogando in una bottiglia di scotch e scopando con qualsiasi corpo senza nome che avessi voluto scopare. Non ero a lutto per la morte di mia moglie come avrei dovuto essere. Usavo invece le donne e l’alcool come se avessero il potere di cancellare quello che avevo veramente perso. Non mi ci volle molto per rendermi conto che non mi sarei mai liberato del senso di vuoto che avevo provato da quando avevo lasciato dietro di me il mio primo e unico amore.

Ricordi che avevo cercato di sopprimere per anni ritornarono alla carica—ricordi di Cadence. L’immagine del suo volto mi annebbiava la visione. Per quanto ci provassi non c’era modo di dimenticare un volto come il suo.

Il nostro inizio poteva essere stato comune e dimenticabile se si fosse trattato di chiunque tranne lei. Con i suoi lunghi capelli biondi e il bagliore dei suoi stupendi occhi smeraldo, nessuno poteva dire che Cadence fosse bella. Era troppo stupenda per usare una parola così banale. Cadence non era solo bella. Era meravigliosa. E contrariamente alla maggior parte delle donne in cui mi ero imbattuto nei miei trentanove anni su questa terra, la sua bellezza non era solo superficiale. Non era insolente e aveva un entusiasmo per la vita che nessun altro aveva. Era fragile ma anche decisa e determinata.

Anche se a soli ventidue anni sapevo che lei era la donna che stavo cercando per passare il reso della mia vita, ma non avevo mai avuto modo di farlo. Era deliziosa ed era ancora il mio rimpianto più grande. Eravamo così giovani e il nostro tempo insieme era stato così breve. Era stata una sola estate. Quello era stato tutto il tempo che avevo avuto con lei. Ma era stata l’estate che mi aveva cambiato la vita.




3


Cadence

“Oh, Kallie! Ma guardati!” dissi quasi rimanendo senza parole e scacciando le lacrime che mi stavano riempiendo gli occhi. “Sei così bella!”

La mia meravigliosa figlia sorrise mentre scendeva le scale della nostra modesta casa in stile Cape Cod. I suoi capelli erano raccolti in uno chignon a conchiglia che lasciava solo poche ciocche dei suoi capelli biondi scendere attorno al suo viso. Il suo trucco, anche se aveva passato un’ora a perfezionarlo, era sottile e accentuava i suoi lineamenti già stupendi.

Dopo aver sceso l’ultimo gradino, Kallie lentamente roteò su se stessa. La sua gonna azzurra mulinò attorno a lei, rendendola ancora più splendida e brillante per la luce che arrivava dal bovindo del soggiorno. Se avesse avuto le ali, chiunque avrebbe giurato che fosse un angelo venuto dal cielo.

“Non muoverti,” dissi e mi mossi velocemente verso la fine del tavolo. Volevo catturarla proprio così come era, avendo il bisogno di fermare in tempo quest’attimo. Aprii il cassetto e cercai all’interno. Telecomandi, vecchie batterie, cavi di corrente—nulla di quello che stavo cercando. “Maledizione. Avrei giurato che fosse qui.”

“Cosa stai cercando?” chiese Kallie.

“La mia macchina fotografica bella. Credo che potrebbe essere di sopra nel mio comodino.”

“Mamma,” si lamentò Kallie. “Hai già scattato un centinaio di foto con il tuo telefono. I miei amici saranno qui a minuti.”

“Sì, ma la qualità del telefono non è così buona. Lascia solo che vada di sopra a prendere la mia macchina. Abbiamo tempo. La limousine non arriverà qui per altri dieci minuti.”

“Uff,” brontolò.

“Oh, smettila. Mi ci vorrà solo un secondo per prenderla,” le dissi e corsi su per le scale verso la mia camera da letto.

Come previsto, non appena aprii il cassetto trovai la mia costosa Nikon in cima a un mucchio di altre attrezzature. Era stata una delle mie rare follie, un acquisto d’impulso che avevo fatto quando Kallie aveva iniziato la scuola superiore. Mi ero improvvisamente resa conto che stavo esaurendo il mio tempo. Era strano. Quando era piccola, speravo sempre che crescesse. Volevo che parlasse, camminasse, si nutrisse da sola. Le giornate sembravano sempre così lunghe e poi la sua giovinezza era passata in modo incredibilmente rapido. Ora avrei dato qualsiasi cosa per avere indietro quel tempo. Presto sarebbe diventata maggiorenne, pronta per iniziare la fase successiva della sua vita. Le fotografie non avrebbero mai rimpiazzato i ricordi che condividevamo, ma almeno avrei avuto le foto da guardare.

Presi la macchina fotografica e stavo per chiudere il cassetto ma quello che c’era sotto la macchina fotografica attirò la mia attenzione. Mi fermai un attimo e allungai il braccio per prenderlo. Era un biglietto per la Festa della Mamma che Kallie aveva fatto per me quando era alle elementari. Se la memoria non mi ingannava doveva avere otto anni quando lo aveva fatto.

Piegandomi lentamente per sedermi sul bordo del letto fissai la costruzione di carta rosa ormai sbiadita. Improvvisamente mi sentii molto vecchia anche se avevo appena trentacinque anni. Sembrava solo ieri quando era tornata da scuola con quel cartoncino. Era così eccitata. Era un venerdì ma non era riuscita a resistere fino alla domenica per darmelo. Tuttavia, era rimasta molto delusa il giorno della Festa della Mamma quando si era resa conto che non aveva una sorpresa da darmi. Determinata a farmela comunque era quasi riuscita a far scoppiare un incendio cercando di farmi la colazione a letto con il tostapane.

Sorrisi al ricordo. Era così tipico di Kallie. Anche da bambina aveva sempre messo gli altri per primi e io ero orgogliosa di poterla chiamare mia figlia. Era difficile da credere che fosse diretta al suo primo ballo di fine anno. Anche se mi aveva assicurato che il suo accompagnatore era solo un amico, ero comunque preoccupata. Stava crescendo troppo in fretta.

“Mamma! La limousine ha appena parcheggiato!” urlò Kallie, distogliendomi dai miei pensieri.

“Sto arrivando, sto arrivando,” risposi e mi alzai per scendere lungo le scale. “Aspetta. Non uscire di corsa dalla porta. Il tuo accompagnatore dovrebbe entrare e presentarsi.”

Quando raggiunsi il fondo delle scale, colsi Kallie che alzava gli occhi al cielo.

“Sai che ti voglio bene, mamma, ma accidenti. Ti consideri una femminista, ma qualche volta hai delle idee proprio all’antica.”

“Non c’è nulla di sbagliato nell’essere corteggiata nel modo giusto. È un segno di rispetto,” ribattei.

“Non hai appena detto �corteggiata,’ vero?” I suoi occhi si spalancarono per l’incredulità.

“Okay, okay! Hai ragione,” dissi ridendo. “Forse qualche volta sono un po’all’antica. Che posso dire? Sono tua mamma e tu stai per andare al ballo. È il mio lavoro preoccuparmi che un ragazzo ti tratti con rispetto.”

“Te l’ho detto migliaia di volte. È solo un amico della classe di francese. Mi sta facendo un favore perché non avevo nessuno con cui uscire. Inoltre, è un anno più giovane di me. Non posso uscire con uno del secondo anno! Sarebbe come rompere delle regole. Si presume che le ragazze non escano con i ragazzi più giovani!”

Feci un sorrisetto ironico.

“É proprio così?”

“Sì, lo ha detto la mia amica Gabby—”

Il campanello suonГІ, interrompendo quello che stava per dire. Ebbi a malapena il tempo di reagire. Kallie fu alla porta in un attimo.

“Ciao,” la sentii dire dopo che l’ebbe aperta.

“Ehi, Kallie. Wow, stai benissimo!” disse una voce maschile. Non ero in grado di vedere il suo volto perché Kallie lo stava coprendo. Mi mossi verso la porta, avendo il bisogno di valutare il ragazzo che era lì per portar fuori la mia bambina. Quando Kallie mi sentì arrivare al suo fianco, fece le presentazioni.

“Mamma, lui è Austin. Austin, mia mamma.”

“É un piacere conoscerla, ah…signora Riley,” disse con un timido sorriso.

Cominciai a restituirgli il sorriso ma mi bloccai. C’era qualcosa di familiare in lui. Era strano. Mi ricordava…

Battei due volte le palpebre, cercando di scacciare un preoccupante senso di dejГ  vu. Allungai lentamente la mano per stringergliela.

“Austin, è un piacere anche per me conoscerti.”

Le mie parole furono esitanti, caute. Conoscevo il suo volto. Quegli occhi. Grigi penetranti con macchioline scure. Quel sorriso sghembo. I capelli erano un po’ più chiari, ma…

No. Non puГІ essere. Mi sto solo sentendo nostalgica per aver trovato quel cartoncino per la Festa della Mamma.

“Mia mamma voleva fare altre foto,” gli disse Kallie. “Chiediamo a tutti di uscire dalla limousine così possiamo fare una foto di gruppo.”

Battei di nuovo le palpebre.

Sì, foto. Devo fare delle foto.

Scossi la testa per schiarirmi le idee e seguii Kallie e Austin all’esterno. Dopo che il gruppo di dodici adolescenti della St. Aloysius Prep si mise in fila, scattai alcune foto di tutti loro vestiti eleganti nei loro smoking e nei loro abiti da sera. Alcuni restarono in attesa mentre gli altri si mettevano in posa e così riuscii a scattare qualche sciocca foto di loro che saltavano e si facevano le boccacce. A ogni foto, cercai con discrezione di guardare meglio Austin attraverso il visore. Era tutto così strano. Mi sentii come se fossi stata catapultata in qualche tipo di contorta curvatura spazio temporale. Una sensazione di timore cominciò a impadronirsi di me.

Kallie e i suoi amici cominciarono ad agitarsi, ansiosi di cominciare la loro grande notte. Li avevo bloccati anche troppo a lungo. Abbassai la macchina fotografica e indicai loro di andare verso la limousine.

“Divertitevi!” dissi al gruppo mentre cominciavano a salire nell’auto in attesa. Kallie mi lanciò un sorriso raggiante che intensificò il nodo che mi si era formato nello stomaco. D’impulso le feci cenno di venire verso di me.

“Che succede?” mi chiese frettolosamente.

“Divertiti. Non bere. Comportati in modo prudente.” Le diedi un leggero bacio sulla guancia.

“Andiamo, mamma. Mi conosci. Mi comporto sempre bene.”

“Non è di te che sono preoccupata,” dissi, lanciando un’occhiata verso Austin. Kallie vide la direzione del mio sguardo e alzò gli occhi al cielo.

“Rilassati. Non devi preoccuparti di Austin,” cercò di rassicurarmi.

“Sarai a casa alle undici?”

“In punto!”

Mi diedi un breve abbraccio prima di girarsi e unirsi ai suoi amici, ma io la presi per un braccio. Dovevo sapere se mi stessi solo immaginando le cose.

“Kallie, come si chiama di cognome Austin?”

Lei alzГІ le sopracciglia, confusa per la mia domanda.

“Quinn. Perché?”

Lo stomaco precipitò verso i miei piedi e il cuore cominciò a battermi all’impazzata.

No. No, no, no!

Le probabilitГ  dovevano essere una su un milione.

Era inconcepibile.

Le possibilità erano così basse.

Una immagine di un ritaglio di un giornale che avevo conservato anni prima mi tornò in mente. Sapevo che Fitz si era trasferito da qualche parte vicino a Washington, ma avevo smesso di seguire i suoi spostamenti dopo la nascita di Kallie. Dovevo farlo. Era l’unico modo per riuscire a sopravvivere emotivamente.

Ma ora questo.

Poteva essere solo una coincidenza, ma nel profondo sapevo che non lo era. Era possibile—anche probabile. Le somiglianze nell’aspetto fisico tra Austin e Fitz erano troppe per considerarle una coincidenza. E condividevano lo stesso cognome.

Non puГІ accadermi veramente. Non ora. Non dopo tutto questo tempo.

Per quanto ne sapeva Kallie, io non sapevo chi fosse suo padre. Avevo mentito per proteggerla, e non sapevo come dirle la veritГ  in quel momento. Eravamo unite ma poteva non perdonarmelo. Era la sera del suo ballo e quel segreto vecchio di diciassette anni stava per rovinare tutto e distruggere ogni cosa che considerava cara.

“Mamma, stai bene?” chiese Kallie, con preoccupazione evidente.

Guardai mia figlia. Così giovane e innocente. Proprio come lo ero io una volta.

Dio aiutami. Cosa faccio?

Le strinsi con forza gli avambracci, lottando contro il soverchiante impulso di vomitare.

“Kallie, promettimi che Austin è solo un amico.”

Lei spalancГІ gli occhi come se mi fossero improvvisamente cresciute le corna.

“Sì! Rilassati mamma. Sei troppo presa da tutto questo. È solo un ballo. Cosa farai fra un paio di settimane quando andrò a Montreal per la gita con la classe di francese? Stasera andrà tutto bene e sarò a casa ancora prima che tu te ne accorga.”

Un lampo di quello che mi aveva detto prima su Austin mi tornГІ in mente. In meno di un secondo i miei nervi giГ  a pezzi sembrarono crollare definitivamente.

“Kallie, hai detto che Austin era nella tua classe di francese. Ci sarà anche lui in gita?”

“Mamma, smettila. Forse quando torno a casa stasera, potremmo tare in piedi fino a tardi e guardare un vecchio musical. Magari con i popcorn? Proprio come facevamo quando ero piccola? Dopo tutto ho sedici anni e vado per i diciassette…” iniziò a canticchiare ripetendo il testo di una canzone da Tutti insieme appassionatamente. Si avvicinò per abbracciarmi ancora una volta ma né le sue parole né il suo abbraccio mi fecero sentire meglio.

Guardai la limousine. Tutti i suoi amici erano giГ  stipati dentro, in attesa solo di Kallie.

“Certo, tesoro. Sembra una bella idea,” risposi distrattamente sentendomi come in una puntata di Ai confini della realtà.

Non la fermai quando alla fine se ne andò. Forse avrei dovuto, ma non sapevo come spiegarglielo. Non c’era un modo facile per dire a mia figlia che, fra tutte le persone dell’intero mondo, stava per andare al ballo con il suo fratellastro.




4


Cadence

Una volta che la limousine se ne fu andata, tornai in casa. Sentendomi come se fossi in trance riuscii in qualche modo a mettere un piede davanti all’altro e arrivai faticosamente in cucina. Pensai di chiamare Joy visto che sapeva la verità su tutto, ma non volevo addossarle questo peso mentre stava celebrando il suo anniversario. Andai, invece, verso il frigorifero alla ricerca di un drink—preferibilmente forte.

Sfortunatamente tutto quello che trovai fu una bottiglia mezza vuota di champagne rimasta dal Capodanno di quasi sei mesi prima e poche bottiglie di birra di solito riservate agli ospiti. Sospirai e mi annotai mentalmente di cominciare a fare maggiori scorte di alcool in casa. Decidendo che una birra sarebbe stata meglio di uno champagne sgasato, stappai la bottiglia e mi diressi di sopra in camera mia.

Lungo la strada, mi fermai nella camera di Kallie per spegnere la luce che aveva lasciato accesa. Come al solito sembrava che fosse passato un uragano e avesse lasciato vestiti ovunque al suo passaggio. Passai attraverso il labirinto fino a raggiungere la lampada. Quando andai a spegnerla vidi il vecchio e consunto orsacchiotto seduto ai piedi del suo letto. Lo aveva avuto lì sin da bambina e non aveva mai provato alcun imbarazzo adolescenziale nel tenere a letto il suo compagno d’infanzia. L’amore e la venerazione per mia figlia mi percorse tutto il corpo. Era così forte, mai desiderosa di scendere a compromessi per compiacere gli altri e questo mi rendeva così orgogliosa. Quell’orgoglio portò un sorriso sul mio volto quando allungai il braccio per spegnere la lampada prima di dirigermi verso la mia camera.

Una volta lì, aprii la porta del mio armadio e allungai il braccio per prendere la scatola da scarpe che era infilata nello scaffale più alto. Avevo bisogno di essere assolutamente sicura prima di avere un completo attacco di panico per quella che poteva essere solo una coincidenza o un ricordo errato. Dentro alla scatola c’erano le lettere che avevo scritto a Fitz mentre ero incinta di Kallie ma che non avevo mai spedito. Non so perché le avessi tenute per tutti quegli anni. Forse perché sapevo che un giorno avrei dovuto affrontare qualcosa del genere. Le giustificazioni che avevo per mantenere un tale segreto. Kallie non era l’unica a essere all’oscuro.

Anche Fitz non sapeva di lei.

Sistemandomi sul letto, misi la birra sul comodino e soffiai via la polvere dal coperchio della scatola. Lentamente sollevai il coperchio. Un gruppo di buste chiuse con un elastico di gomma era in cima. Lo tirai fuori e lo misi di lato. Al di sotto c’erano dei ritagli di giornale e la locandina di Cantando sotto la pioggia. La aprii e andai in fondo per trovare la foto di gruppo di tutti i membri dello staff del Campeggio Riley. Avendo memorizzato molti anni prima la posizione di Fitz nella foto, lo rintracciai facilmente e corsi con il dito sulla sua immagine. Fissai a lungo la foto ingiallita. Era un volto che non vedevo da così tanto ma che non ero mai riuscita a cancellare dalla mia memoria. Poi questa sera quello stesso volto si era presentato sulla mia porta per portare Kallie al ballo.

Misi l’immagine di nuovo nella scatola e passai al resto del contenuto, individuando un pezzo di carta quadrato piegato.

L’indovino cinese.

Non ebbi bisogno di aprire l’origami che Fitz mi aveva dato l’ultimo giorno per sapere cosa dicesse ogni sua parte. Avevo memorizzato le parole che aveva scritto tanto tempo prima.

I tramonti ti apparteranno sempre.

Quando sarГ  buio ti ricorderГІ di trovare la luce.

Avrai per sempre il mio cuore.

Lasciarti sarГ  per sempre il mio piГ№ grande rimpianto.

Ingoiando il groppo che stava cominciando a formarsi in gola, allungai il braccio verso il cumulo di buste. L’elastico, corroso dagli anni, si ruppe quando cercai di toglierlo, facendo sì che tutte le lettere mi cadessero sul grembo. Non aveva alcuna importanza. Anche se erano state impilate nell’ordine in cui erano state scritte, ricordavo la data di ognuna di loro. Aprii la busta che era in cima al cumulo ora disordinato. Estraendo il foglio scritto all’interno, cominciai a leggere. Era l’ultima lettera che avevo scritto a Fitz.

Al possessore del mio cuore,

Non dovrei cominciare questa lettera chiamandoti in questo modo, specialmente poiché sembra più che altro un caro John. O forse non è un caro John visto che non siamo neppure insieme. In ogni caso non posso fare a meno di chiamarti ancora possessore del mio cuore perché è ciò che sarai sempre per me—non ha importanza cosa abbia deciso la vita per noi.

Nostra figlia è venuta al mondo una settimana fa proprio oggi. L’ho chiamata Kalliope perché il suono del suo pianto quando è nata era come musica per le mie orecchie. Il nome proviene dalla mitologia greca e significa “voce meravigliosa”. Forse sono più in linea con i talenti musicali di mia madre di quando avessi inizialmente pensato.

Kallie, come l’ho soprannominata, è la bambina più bella che abbia mai visto. Vorrei che tu potessi incontrarla, ma visto che sicuramente non ti manderò mai questa lettera, so che non accadrà mai. Ho visto una foto di te, di tuo padre e di tua moglie sul giornale di oggi. Era stata presa a una manifestazione politica a sostegno di tuo padre. Da quel che sembra, sarai ben presto il figlio di un senatore degli Stati Uniti. Sembravi così orgoglioso nella foto e io ho sentito il mio cuore carico di ammirazione per la tua forza nel sopportare una vita su cui hai avuto ben poca scelta. La foto, però, mi ha anche resa triste. Sai, non ho potuto fare a meno di notare il pancino di tua moglie.

Vorrei che le cose avessero potuto essere diverse per noi, ma accetto le scelte che ho fatto. Non rimpiangerò mai il tempo che ho passato con te. È stato speciale e lo considererò per sempre prezioso. Tuttavia, sono arrivata a rendermi conto che non posso continuare a coltivare la speranza che forse ti ribellerai contro tuo padre e tornerai da me. Devo lasciarti andare. Stare con me sarebbe solo un motivo di scandalo per la tua famiglia. Questo tipo di attenzione non sarebbe giusta per te. Non c’è bisogno che i tuoi errori del passato vengano portati alla ribalta—anche se quello che è accaduto a Georgetown è stato un tragico incidente. Non sarebbe giusto nei confronti del tuo figlio non ancora nato, come non sarebbe giusto per me o per Kallie.

E, cosa più importante, mi sono resa conto che avevi ragione su di me. Non merito di essere “l’altra donna,” e sicuramente non voglio che Kallie cresca con una nuvola di illegittimità sopra la sua testa. È per questo che non ti dirò mai della sua esistenza. Ed è per questo che questa sarà la mia ultima lettera. Ora devo pensare a Kallie. Mia figlia. La mia nuova ragione di vita. Lei è la mia priorità, proprio come la tua priorità dovrebbe essere la tua nuova famiglia. Devo provvedere a creare una vita per lei anche se questo significa creare una vita senza di te.

Le lacrime offuscarono la mia vista e riuscii a malapena a leggere la mia stessa firma in fondo. La lettera mi scivolò tra le dita e mi cadde sul grembo. Quello che avevo appena letto, anche se vero, erano farneticazioni di una adolescente col cuore spezzato che era stata obbligata a crescere troppo presto. Ero stata troppo aperta e fiduciosa. Il primo amore era stato ingenuo. Non rimpiangevo però tutto l’amore che gli avevo dato con tutta me stessa. E lui l’aveva preso tutto—non lasciando alcuno spazio per permettere a un altro uomo di entrare. La mia testa si perse nei ricordi mentre mi asciugavo velocemente le lacrime.

Cercai ancora una volta dentro alla scatola, avendo bisogno di trovare l’articolo di giornale che mi aveva spinto a prendere quella decisione tutti quegli anni prima. Adesso l’articolo poteva essere una potenziale conferma che Austin era esattamente chi sospettavo fosse. Non fu difficile trovarlo tra i ritagli piegati accuratamente. Il titolo in grassetto splendeva come un faro nella notte.

IL SENATORE QUINN SPINGE PER UNA RIFORMA EPOCALE DELLE TASSE ENTRO 90 GIORNI

Scorsi velocemente l’articolo non essendo particolarmente interessata nel riguardare I dettagli di una riforma che alla fine aveva gettato in recessione il nostro paese. Ero più interessata ai dettagli sulla foto che accompagnava l’articolo.

I miei occhi esaminarono l’immagine. Il fotogramma era su Fitz, suo padre e la giovane moglie incinta di Fitz. I reporter erano tutti attorno con i microfoni puntati verso il senatore mentre scendevano i gradini del Campidoglio. Il mio cuore si strinse mentre venivo travolta da un vecchio senso di gelosia nel vederla di nuovo. Era decisamente bella, ma non era per questo che ero infastidita. Non mi piaceva la donna dai capelli scuri perché aveva la vita che io avevo solamente sognato.

Quale era il suo nome?

Per quanto precisi fossero i miei ricordi di quel periodo della mia vita, in qualche modo riuscivo a bloccare quel piccolo dettaglio.

Sforzandomi di non guardare quella foto scorsi con il dito il testo dell’articolo, fermandomi quando trovai il passaggio che stavo cercando.

“Posso dirvi che abbiamo un assoluto interesse per il successo di questa riforma. Siamo dedicati interamente al miglioramento della tassazione per le famiglie lavoratrici e le piccole aziende americane,” ha dichiarato Quinn. Alla richiesta di ulteriori dettagli non ha dichiarato nulla. Quinn ha invece deviato il discorso su suo nipote in arrivo, sfruttando l’opportunità di sottolineare come il partito repubblicano investa sui suoi candidati. “Per quanto voglia parlarne, ho un impegno precedente. La moglie di mio figlio sta aspettando un bambino. Le mogli dei senatori repubblicani sono così felici per il piccolo Austin e hanno organizzato una festa in onore del nascituro.”

Austin.

Erano tutte le conferme di cui avevo bisogno. Non potevo negarlo. Il ragazzo che si era presentato sulla mia soglia era, effettivamente, il figlio di Fitz. Chiusi gli occhi, feci un profondo respiro e mi pizzicai il setto nasale. Espirando guardai lentamente in alto verso il soffitto.

Ho sbagliato in tutti questi anni? Avrei dovuto dirglielo? Avrei dovuto lottare con piГ№ forza per Fitz?

Non sapevo quali fossero le risposte, ma improvvisamente mi trovavo con il dover giustificare le mie azioni. Pensavo di aver fatto la cosa giusta in quel tempo. Avevo i miei genitori per aiutarmi con tutto mentre Fitz non aveva nessuno. I miei genitori appoggiavano la mia scelta. Pensavo di aver seguito la strada altruistica ma ora non ne ero così sicura. Quella che una volta vedevo come una nobile decisione sembrava pronta a esplodermi in faccia.

Guardai verso la bottiglia di birra ormai tiepida che non avevo toccata e seguii le linee di condensazione che si erano formate attorno alla base. Un piccolo rivolo d’acqua si stava lentamente facendo strada verso il comodino. Il modo in cui l’aveva fatto non seguiva un senso preciso. Si era semplicemente mossa verso il bordo. L’acqua trovava sempre una strada. Desiderai che la mia vita potesse essere così semplice, che avesse quella forza gravitazionale a spingermi verso una destinazione.

Ero così confusa. Diciassette anni fa mi affidavo ai miei genitori per un consiglio. Ora sedevo da sola alla ricerca di una guida che non sarebbe arrivata mai.




5


Cadence

Lunedì mattina ero seduta alla mia scrivania con Joy seduta proprio davanti a me, il suo volto inorridito dopo che avevo finito di raccontarle quello che era successo nel fine settimana. Il nodo di terrore che mi si era formato allo stomaco venerdì sera era ancora lì, ma stava peggiorando a ogni ora che passava.

Kallie era tornata dal ballo puntuale, proprio come promesso, ed eravamo rimaste alzate fino alle due del mattino a guardare i nostri musical preferiti. Io avevo scelto come primo film Gli strilloni, la storia liberamente basata sullo sciopero degli strilloni di New York del 1899. Per come la vedevo io, nessuno poteva resistere a un giovane Christian Bale. Lei aveva scelto come secondo musical della notte—Mamma Mia! Tra tutti quelli che avrebbe potuto scegliere... la mia solita fortuna. Mi ero agitata e sentita a disagio per tutto il secondo film, la trama mi era veramente troppo vicina. E ora non riuscivo a togliermi dalla testa quella maledetta canzone della colonna sonora.

C’erano state parecchie occasioni per dirle di Austin e raccontarle la verità su suo padre, ma ogni volta mi ero tirata indietro quando le parole cominciavano a formarsi sulla lingua. Non riuscivo proprio a dirglielo. Come risultato ora mi stavo ascoltando una lezione da Joy.

“Cadence, non va bene. Il senatore Quinn è suo padre—l’uomo che si oppone con forza contro tutto quello per cui lottano i Sognatori di Dahlia. Quando verrà a sapere di Kallie e scoprirà cosa fai per vivere, mi piacerebbe dire che addolcirà il suo atteggiamento ma quell’uomo sembra senza pietà.” Joy fece una pausa e sussultò. “Lasciando da parte le implicazioni politiche, devi andare da Fitz. È passato così tanto tempo.”

“E dirgli cosa? �Ehi, ti ricordi di me? Quella stupida ragazza a cui hai dato una botta un’estate di diciassette anni fa? Bene, sei il papà della mia bambina.’ Andiamo, Joy. Probabilmente non si ricorda neppure di me. Non ho bisogno di andare da Fitz, ma devo dirlo a Kallie.”

“Allora, perché non lo hai fatto? Deve saperlo prima che accada qualcosa di folle. Gesù Santo! Riesci a immaginare cosa accadrebbe se finisse con l’uscire con Austin?”

Strinsi con forza le labbra fino a farle formare una linea sottile.

“Fidati, ci ho pensato per giorni. Solo che non so proprio come dirglielo. Sono andata a correre ieri mattina. Avevo bisogno di un po’ di �tempo per me’ per schiarirmi le idee. Non ha funzionato, e allora sono andata a correre anche nel pomeriggio. Sono sicura che i tipi che stavano curando il prato attorno al monumento a Washington abbiano pensato che fossi impazzita. Devo essere passata davanti a loro almeno venti volte.”

“Cosa ci stavi facendo lì?” chiese Joy con un’espressione corrucciata.

“Stanno facendo dei lavori nel mio quartiere e tutti i marciapiedi sono bloccati. Correre lungo il Mall è stato più facile. In ogni caso ero pronta a dire tutto a Kallie quando sono tornata a casa ma poi mi sono bloccata.”

Joy scosse la testa.

“Io credo ancora che dovresti dirlo a Fitz. Non si tratta solo di Kallie. Anche Austin dovrebbe saperlo. E se ha dei sentimenti per lei?”

Sbattei la testa contro la scrivania.

“Dovevi ricordarmi anche questo?” mi lamentai.

“Ehi, lo so che sei in una posizione difficile. Sto solo cercando di aiutarti a vederla da tutte le angolazioni in modo che—”

“Salve? C’è nessuno?” disse una voce femminile fuori dalla porta del mio ufficio. Joy smise di parlare ed entrambe ci girammo per vedere chi fosse. Quando non entrò nessuno, mi alzai e andai in corridoio.

Una donna con una bambina piccola stava osservando le porte di legno ormai consunto degli uffici lungo il corridoio. La bambina teneva stretta al petto una bambola dall’aspetto logoro. Si guardava attorno, sembrando confusa mentre la donna che la teneva per mano la trascinava di porta in porta.

“Posso aiutarla?” chiesi.

“Oh!” rispose lei colta di sorpresa. “Mi dispiace. Non c’era nessuno in portineria e così ho deciso di vedere se riuscissi a trovare qualcuno in uno degli uffici. Avrei dovuto prendere un appuntamento prima ma io-io non potevo aspettare. Ho bisogno di parlare con qualcuno subito.”

Aveva un lieve accento che non fui in grado di localizzare ma che sembrava di origine spagnola. Era difficile da dire per iI modo in cui la voce le si rompeva. La sua espressione era terrorizzata, quasi disperata. Era un’espressione che conoscevo anche troppo bene.

“Per cortesia, entri e si accomodi,” le dissi. Una volta entrata, le feci cenno di sedersi al piccolo tavolo rotondo che c’era nell’angolo. “Mi spiace che non abbia trovato nessuno ad accoglierla. La mia segretaria attualmente è in maternità. Il resto del personale ha cominciato a gestire le cose mentre lei non c’è. Cosa possiamo fare per lei?”

La donna guardГІ avanti e indietro me e Joy.

“il mio…il mio nome è-è Emilia Garcia,” balbettò.

Impaurita. Arrivano qui sempre impaurite.

“É un piacere conoscerla.” Mi sedetti davanti a lei al tavolo. Nel corso degli anni avevo scoperto che risultava meno intimidatorio per i nuovi clienti se mi sedevo lì invece che dietro alla mia scrivania. Sembrava le facesse sentire sullo stesso terreno. Allungai la mano verso di lei perché la stringesse, sperando di metterla più a suo agio. Era fredda e sudata, un chiaro segnale che la donna era sull’orlo di un esaurimento nervoso. “Sono Cadence Riley, e lei è la mia collega Joy Martin.”

Fece un cenno verso Joy, poi cominciГІ a giocherellare con il bordo della sua camicia rosa

“Io, ecco…io vengo da Richmond, Virginia.”

“É piuttosto lontana da casa,” notai. Se l’espressione ansiosa che aveva sul volto non era già più che sufficiente, sapere che aveva viaggiato per più di due ore con una figlia piccola, senza un appuntamento fissato, diceva lungamente quanto fosse disperata.

“Sì, è vero,” ammise. Poi mi guardò con i suoi occhi marroni scuro terrorizzati, ricordandomi un cervo abbagliato dai fari di un’automobile. “Di nuovo, sono così dispiaciuta di essermi presentata senza appuntamento. Io–Io non so proprio da dove cominciare.”

“Signora Garcia, tutte le persone che entrano attraverso le nostre porte lo fanno per un motivo. Perché non comincia semplicemente dall’inizio?”

Lei guardГІ nervosamente verso la bambina.

“Oh, ecco. Mia figlia. Non voglio che…” cominciò.

Guardai la bambina seduta sul grembo di sua madre. Non poteva avere piГ№ di cinque anni e capii la sua esitazione. Mi alzai dalla sedia e mi inginocchiai davanti alla bambina.

“Come ti chiami?” chiesi dolcemente.

“Mayra,” rispose timidamente.

“Bello, ciao Mayra. Sono molto lieta di conoscerti. Il mio nome è Cadence. Quanti anni hai?” Lei alzò cinque dita.

“No, no. Non ha ancora cinque anni,” la rimproverò sua madre, tirando giù il pollice di Mayra in modo che tenesse sollevate solo quattro dita. “Non compirai cinque anni per qualche altra settimana.”

Sorrisi, ricordando come Kallie si aumentasse sempre l’età di qualche mese.

“Quasi cinque? Wow! Sei già grande allora! Forse, però non sei così grande per colorare, vero?” chiesi. I suoi occhi marroni si spalancarono per l’eccitazione mentre scuoteva la testa. “Beh allora, se la mamma è d’accordo, vorresti andare con la signorina Joy a cercare un libro da colorare e dei pastelli?”

Lei alzГІ ansiosamente lo sguardo verso sua madre.

“Vai. Ricordati le buone maniere,” le disse Emilia annuendo.

Mayra si illuminò di gioia e saltò dal grembo di Emilia. Joy andò verso di lei e le prese la manina. Una volta che non furono più a portata d’orecchio, tornai al mio posto e allungai la mano sul tavolo per prendere quella di Emilia.

“Signora Garcia,” cominciai.

“Per favore, mi chiami Emilia e mi dia del tu.”

“Emilia, sento che sei nervosa. Non esserlo. Qualunque sia il motivo, siamo qui per aiutarti.”

Lei mi concesse un piccolo sorriso.

“Ho sentito altre persone parlare della sua gentilezza. Per questo motivo sapevo che dovevo venire qui. Dovete aiutarm–mi.” La sua voce si ruppe di nuovo all’ultima parola e questo mi spezzò il cuore. La mia unica speranza era che potessi aiutarla. Qualche volta era troppo tardi.

“Perché non cominci dall’inizio e poi andiamo avanti?”

Lei deglutì e fece un profondo respiro.

“Si tratta del mio fidanzato. Il padre di mia figlia. Lo-lo hanno preso!”

Poi cominciГІ un racconto che avevo sentito innumerevoli volte. Ogni volta i nomi e i luoghi erano diversi ma la storia era sempre la stessa.

Il fidanzato di Emilia, Andrés Mendez, si era trasferito negli Stati Uniti dall’Ecuador con la sua famiglia quando aveva tre anni. Lui, sua sorella più piccola e i suoi genitori erano tutti immigrati senza documenti—un fatto che Andrés non aveva saputo fino a quando, a diciassette anni, si stava per preparare per andare al college. Aveva bisogno di un numero di previdenza sociale per fare domanda per i prestiti studenteschi. Ed era stato in quel momento che i suoi genitori gli avevano detto la verità sulla sua provenienza.

“Andrés è così intelligente,” disse Emilia con una nota di orgoglio nella voce. “Andò a finire che non ebbe bisogno di avere un prestito. Fu premiato con una borsa di studio per frequentare Harvard.”

“É fantastico!”

“Sì,” concordò lei, ma poi il suo tono tornò di nuovo triste. “Ha fatto domanda per un visto per motivi di studio ed era tutto pronto per andare in Massachusetts. Quell’estate, però, sono rimasta incinta di Mayra. L’ho spinto ad andare comunque, ma Andrés si è rifiutato di lasciarmi. È andato invece a Virginia Tech a studiare ingegneria. I miei genitori erano furiosi ma I suoi neppure capirono a cosa stesse rinunciando. Non avevano mai sentito parlare di Harvard fino a quando Andrés era stato accettato in quella scuola.”

Mi allungai verso la scrivania e presi un blocco per cominciare a prendere degli appunti. Scrissi qualche informazione di base.

Intelligente. Accettato ad Harvard con borsa di studio. Mayra.

“Emilia, sei anche tu senza documenti?”

“No, sono nata qui. Mia madre è nata in El Salvador, e mio padre è nato qui. Lei alla fine è diventata una cittadina naturalizzata anni dopo che si furono sposati.”

“Andrés ha finito il college?”

“Grazie a Dio, sì. Anche se non è stato facile. Mentre lui frequentava io son rimasta a casa. I miei genitori si occupavano di Mayra mentre io lavoravo per pagare le sue rette scolastiche. Andrés di solito prendeva il Metro bus fino al campus, ma qualche volta lo portavo io quando non lavoravo. A quel tempo, a causa del suo status di immigrato, non poteva avere la patente.”

Niente patente. Aiuto dalla famiglia.

Avendo studiato come madre single non ero sicura che avrei potuto farcela senza l’aiuto dei miei genitori. Mi rendevo conto dell’importanza del supporto famigliare più di molte persone.

“Posso immaginare quando debba essere stato duro. Quindi, cosa è successo dopo?”

“Proprio prima che Andrés si laureasse, abbiamo deciso di andare a vivere insieme. Volevamo sposarci prima ma non potevamo permetterci un bel matrimonio solamente con il mio reddito. Andrés doveva trovare un lavoro. Il Dream Act era stato approvato pochi anni prima. Visto che aveva i requisiti, lo incoraggiai a compilare tutte le carte per il DACA. Pensavo fosse una buona idea. Avrebbe significato che poteva avere la patente, far domanda per un lavoro, e non avremmo dovuto più temere qualche possibile deportazione—e io avrei avuto il matrimonio che sognavo. Forse questa parte era egoistica da parte mia. Non so. Mi ci è voluto un po’ di tempo per convincerlo, ma alla fine lo fece. Ora non posso fare a meno di sentire che fosse la cosa sbagliata da fare.”

“Perché?”

“Con tutto il rispetto, lo sai cosa sta succedendo nel mondo. Troppi in questo paese non si interessano a persone come Andrés anche se non capirò mai il perché. È un gran lavoratore—un brav’uomo,” disse amaramente.

“Mi dispiace per quello che sta accadendo nel nostro paese, Emilia. Spero che lei non pensi che tutti la pensino in questo modo. Ha trovato un lavoro dopo che si è laureato?”

“Oh, certo! È un ingegnere meccanico presso l’Advanced Solutions—o, meglio, lo era. Non sono sicura di quello che accadrà ora.” Tirò su con il naso e potei dire che stava combattendo per trattenere le lacrime. “In ogni caso, Andrés odiava il fatto che io lavorassi per pagargli le rette scolastiche, ma sapeva anche che finire il college e ottenere un lavoro ben pagato era il modo migliore per noi per assicurare una buona vita a Mayra. Fece domanda e la DACA fu approvata. Poco dopo ottenne il suo lavoro e la sua patente. Trovammo un appartamento a Richmond, e lui insistette perché lasciassi il lavoro per stare a casa e pendermi cura di nostra figlia. Le cose stavano finalmente andando per il meglio. Fino a quando…”

Ingegnere. Ha un lavoro. DГ  importanza alla stabilitГ  familiare. Membro che contribuisce alla societГ .

Scrissi gli appunti mentre aspettavo che Emilia proseguisse. Lei scosse la testa, sembrando persa nei suoi pensieri e guardГІ verso il suo grembo. CominciГІ di nuovo a giocherellare con il bordo della sua camicia mentre una lacrima le scendeva sulla guancia.

“Fino a cosa, Emilia?”

“Andrés, Mayra, e io facemmo una gita giornaliera a casa dei genitori di Andrés a Fairfax. Era domenica e sua madre stava preparando le pupusa, il piatto preferito di Mayra. Eravamo in ritardo per il traffico sulla I-95 che ci costrinse a correre per arrivare. Andrés era alla guida. Superò un segnale di stop sulla strada dei suoi. Sfortunatamente un �auto della polizia stava arrivando dalla direzione opposta. L’ufficiale ci vide e ci fermò.”

Sapevo dove sarebbe andata a parare ancora prima che me lo dicesse. Lei era della Virginia, il secondo stato della nazione a sviluppare un accordo con il governo federale per partecipare a un programma di Immigration and Customs Enforcement Secure Communities. Il programma era progettato per creare un coordinamento tra I tutori della legge locali e il dipartimento di sicurezza nazionale. Se fosse stato eseguito un arresto, le impronte digitali sarebbero andate automaticamente nei database dell’FBI e del dipartimento di sicurezza nazionale.

Alla fine, era risultato che AndrГ©s era un destinatario della DACA.

“Emilia, dove è Andrés ora?”

Lei trattenne un singhiozzo.

“L’agente ci fece delle domande sul motivo per cui eravamo così lontani da casa, e Andrés fu portato alla stazione di polizia per ulteriori indagini. Fu rilasciato poche ore dopo ma gli fu data una segnalazione per violazione stradale e un appuntamento in tribunale. Io ci andai con lui. Andrés fu dichiarato colpevole di violazione stradale per non essersi fermato a uno stop. Gli fu data una multa da pagare, che pagammo prima di andarcene. Quando uscimmo dal tribunale, un uomo in uniforme chiamò Andrés per nome e cognome. Non ci aspettavamo che l’uomo fosse un agente dell’ICE. Ce n’erano tre in totale, che ci stavano aspettando. Andrés fu sottoposto a fermo lì.” Lei mi fissava con un’espressione di confusione come se non riuscisse a credere al suo stesso racconto. “Mi ci sono volute due settimane per scoprire dove lo hanno portato. Attualmente è chiuso nel dipartimento penitenziario di Washington. Sono già cominciate le procedure per deportarlo—e tutto perché non si è fermato a un segnale di stop.”




6


Fitz

La mia sveglia suonò alle cinque martedì. Dopo essermi assicurato che Austin fosse pronto per la scuola, partii per la mia corsa mattutina, lasciandomi parecchio tempo per essere in ufficio alle otto. Mentre i miei piedi calpestavano l’asfalto, il sudore mi gocciolava lungo il collo e mi scendeva lungo la colonna vertebrale. Feci una pausa al Lincoln Memorial per allungarmi i polpacci prima di cominciare il secondo giro del mio percorso da quattro miglia. Il vecchio Abe sembrava perso nei suoi pensieri, godendosi la luce del sole del primo mattino mentre fissava sulla piscina riflettente l’immagine del Washington Monument. Pensai che la sua espressione potesse accoppiarsi alla mia. La mia mente era in subbuglio, combattuta per le minacce di mio padre. Non sapevo se avesse il coraggio di andare avanti e c’era molto in palio.

Si presumeva che io incontrassi i membri delI’RNC il sabato sera precedente. Avevo dato buca e ora mio padre era sul piede di guerra. Non aveva importanza. Poteva pensare che fossi debole ma si sbagliava. Non ero più il pollo di una volta. Gli avevo permesso di infliggermi anche troppi danni nella mia vita e non gli avrei permesso di lasciare che la storia si ripetesse.

Vidi un movimento con l’angolo dell’occhio e alzai lo sguardo dalla posizione di allungo in cui mi trovavo. Dall’angolo, emerse una bionda con abbigliamento da corsa aderente, correndo nella direzione opposta a quella da cui ero arrivato. Non era strano vedere un’altra jogger. Molte persone correvano lungo il Mall a quell’ora del mattino. Tornai a completare I miei allungamenti, poi mi misi in posizione eretta e passai alle braccia. Pronto per cominciare il mio giro successivo iniziai con un’andatura moderata, colmando lentamente la distanza tra me e la runner.

Quando la oltrepassai, cominciai a faticare a camminare. Battei le palpebre combattendo contro l’immagine della donna che avevo appena incrociato.

Smisi di correre e mi guardai indietro. Lei non aveva rallentato, ma si stava guardando alle spalle—guardando me. Quando vide che mi ero fermato, si girò velocemente e sembrò incrementare il ritmo.

“No, non è lei,” dissi tra me ad alta voce.

Scossi la testa. Lo stress a cui ero sottoposto mi stava facendo vedere cose.Tuttavia,mentre vedevo la sua piccola figura allontanarsi da me, non riuscivo a scacciare l’assillante sensazione che fosse lei—la ragazza che aveva stregato i miei sogni sin da quando avevo ventidue anni. Impulsivamente, mi girai e cominciai a inseguirla. Dovevo sapere. Se non era lei, allora avrei inventato qualche scusa su un errore di identità e sarei tornato sui miei passi.

Era veloce, dovevo proprio ammetterlo. Ero al massimo e avevo a malapena chiuso la distanza tra di noi. Con mio grande sgomento, uscì dal sentiero e girò attorno alla parete del Korean Memorial, scomparendo dalla mia vista.

Cazzo!

Quando raggiunsi la parete, mi guardai in giro. I turisti più mattutini stavano girovagando per la zona, scattando foto delle statue create per commemorare la guerra dimenticata. Controllai di nuovo la zona. Lei non c’era da nessuna parte. Era come se fosse svanita dalla faccia della terra.

Sto inseguendo un maledetto fantasma.

Convinto di aver completamente perso la testa, decisi di lasciar perdere il resto della mia routine di allenamento. Avevo lasciato la mia Audi parcheggiata nella quattordicesima strada. La strada di ritorno più veloce per arrivarci era quella di tagliare lungo il sentiero che mi avrebbe portato attraverso l’Ash Woods.

E fu così che la trovai.

Lei si stava avvicinando ai gradini del D.C. War Memorial. Facendo attenzione a restare fuori dalla sua vista, camminai lungo il lato opposto del monumento circolare. La guardai mentre si sedeva sui gradini e tirava fuori quello che sembrava un telefono cellulare. Da quell’angolazione non riuscivo a vedere il suo volto, solo la parte posteriore della sua testa. I suoi capelli—quel colore dorato che mi riportava indietro di quasi due decenni—erano raccolti in una treccia. Un’altra cosa che mi riportava indietro nel tempo. Fissando le ciocche gialle e dorate che si intrecciavano, seppi che doveva essere lei. Solo lei aveva I capelli così.

Potevo sentire che parlava con qualcuno. Aveva il cellulare in vivavoce, perciГІ la conversazione era forte e chiara.

“Per l’amor di Dio,” disse la voce all’altro capo della linea. “Ragazza, hai idea di che ore sono?”

“Oh, taci,” disse la bionda. La sua voce era netta e, al contempo, femminile. E così fottutamente familiare. “So che è presto ma ascolta. Questa è grossa. L’ho visto.”

“Visto chi?”

“Fitz!” sibilò il mio nome, dandomi la certezza che questa donna era effettivamente la donna dei miei sogni.

“Okay, ora sono sveglia. Cosa intendi dire con hai visto Fitz? Ne sei sicura?”

“Sì, ecco, no. I suoi capelli erano leggermente più lunghi ma… sì, sono sicura fosse lui.”

“Dove lo hai visto, Cadence?”

Bingo. Г‰ lei.

Un’ondata di soddisfazione mi travolse prima che un altro pensiero mi colpisse sul petto come una martellata.

Cadence. Г‰ veramente lei, in carne e ossa e solo a pochi passi da me.

Ricordi di caldi serate estive mi passarono davanti agli occhi. La vidi di nuovo, vicino al lago con i suoi occhi verdi scintillanti e i capelli luccicanti alla luce di un tramonto che stava scolorendo. Potevo quasi sentirla tra le mie braccia—anche ora. Il calore del suo abbraccio, il modo in cui sussurrava il mio nome quando la baciavo…

Cadence cominciГІ a parlare di nuovo, strappandomi da un passato lontano.

“Durante la mia corsa del mattino,” la sentii spiegare alla persona al telefono. “Stava correndo anche lui. Gli sono passata vicino ma non sono sicura che abbia capito che ero io.”

“Gli hai parlato?”

“Sei pazza?” urlò Cadence, poi sembrò riprendere il controllo. Si guardò nervosamente attorno per un momento e dovetti accucciarmi per restare nascosto. Quando parlò di nuovo, la sua voce era decisamente più bassa e dovetti sforzarmi per sentirla. “Seriamente, Joy. Quali sono le probabilità di vederlo correre al Mall dopo tutto questo tempo? E specialmente ora!”

Joy. La ragazza afroamericana che lavorava al negozio con Cadence.

Sorrisi tra me, compiaciuto per qualche strano motivo del fatto che fossero rimaste amiche dopo tutto quel tempo.

“Tutto questo è inquietante—come se ci fosse qualcosa di spettrale da capire,” disse Joy. “Non so, cara. Le stelle sembrano allinearsi in un modo veramente strano. Non importa quanto sia passato. Devi dirglielo.”

“Oddio. Non so se posso farlo!”

“Beh, qualcosa ti sta dicendo che è ora. Ci sono già state anche troppe coincidenze.”

“Hai ragione. Posso farlo. Un gioco da ragazzi,” rispose Cadence, ma il suo tono era quasi sarcastico.

“Bene. Sono felice che sia chiaro. Ora me ne torno a letto. Non devo essere al lavoro per almeno altre due ore.”

“Aspetta, Joy–” Si fermò subito, guardò il telefono e imprecò. “Maledizione!”

Si alzГІ e cominciГІ a camminare avanti e indietro, sembrando persa nei suoi pensieri. Seguii le linee del suo piccolo corpo. Stava bene, veramente bene in realtГ . Le sue curve erano piГ№ pronunciate, I seni e i fianchi piГ№ armoniosi di quanto ricordassi ma ancora snelli e in forma. Il corpo che stavo guardando apparteneva a una donna, non alla giovane ragazza di cui mi ero innamorato. Tuttavia, nonostante gli anni che erano passati, desideravo allungare il braccio e toccarla.

Non avrei dovuto origliare la sua conversazione, ma nel momento in cui avevo sentito il mio nome non avevo potuto farne a meno. Ero curioso di sapere di cosa stessero parlando e di cosa si presumeva dovesse dirmi.

Ed ero molto curioso su di lei.

Era la ragazza che aveva scosso il mio mondo circa diciassette anni prima, e da allora avevo raramente pensato a un’altra donna—e questo valeva anche per gli anni che avevo passato da sposato. Mentre mi domandavo se uscire dal mio nascondiglio e farmi vedere, mi resi conto dell’ironia della situazione. La stavo spiando, proprio come avevo fatto il primo giorno che l’avevo vista al lago. E ora ero qui anche oggi. Forse, come si dice, la storia si ripete. Toccava a me cambiare il suo corso.

“Cadence,” dissi ad alta voce quando mi mossi da dietro il monumento.

Lei fece un salto e si girГІ portandosi la mano al petto.

“Mi hai spaventata da morire!”

“Mi dispiace. Non volevo farlo,” mi scusai mentre mi avvicinavo. La mia memoria non le rendeva giustizia. Era ancora più meravigliosa di quanto ricordassi, facendomi quasi sussultare per l’incredulità. Non pensavo fosse possibile che lei fosse ancora più splendida di quanto era una volta. Mi schiarii la gola. “Devo dire, è un piacere incontrarti qui.”

Riprendendosi dallo shock della mia improvvisa apparizione, sembrГІ riaversi.

“Sì, già, un piacere. Ecco, io io…” balbettò. “Io in realtà devo andare. Stavo giusto per riprendere a correre.”

“Aspetta,” dissi e allungai la mano per afferrarle il braccio. Quando il mio palmo toccò la sua pelle, si bloccò. Così feci io e la stessa aria sembrò sfrigolare. Io quasi non ero in grado di parlare o di riordinare il mio cervello per farmi muovere. Era la prima volta che la toccavo in più di diciassette anni. La mia gola divenne secca in modo ridicolo e dovetti schiarirmela prima di poter parlare di nuovo. “É passato così tanto tempo. Come stai?”

Lei si liberò il braccio e si massaggiò la zona dove era stata la mia mano. L’azione non sembrava dire che era stata offesa dal mio tocco, ma piuttosto che il contatto l’aveva fatta sentire come mi ero sentito io. I suoi occhi verdi brillavano come smeraldi nel primo sole del mattino.

Erano sempre stati così accesi?

“Io bene,” rispose. “Tu?”

Cominciai a parlare di nuovo ma le parole non volevano uscire. Era come se stessi ancora assorbendo tutta l’incredulità di vederla di nuovo. Dovetti ricordarmi che era reale e non un folle sogno che si era ripetuto per gli ultimi diciassette anni.

“Non male,” fu tutto quello che riuscii a dire.

“Bene, ottimo. Ma, ecco, come ti ho detto, devo andare.”

Sembrava nervosa, ma non potevo lasciare andare via—non di nuovo. Almeno non fino a quando non avessi capito di cosa trattasse la sua conversazione telefonica. Quando lei mi fece un piccolo cenno con la mano e si girò per ricominciare a correre, corsi in avanti per mettermi nel gradino vicino a lei. Lei piegò la testa per guardarmi con curiosità ma non disse nulla.

“Vivi da queste parti?”

“Sì, nella zona di Washington, sì.” La sua risposta fu cauta. Fui in grado di apprezzarla. Dopo tutto, era passato così tanto tempo. Per quel che ne sapeva, potevo essere diventato uno psicopatico. Tuttavia, dovevo continuare a parlare.

“Io vivo ad Alexandria, ma il mio ufficio è nell’East End. Il Mall è comodo e corro su questo percorso quasi ogni giorno. Stranamente non ti ho mai vista fino a oggi. Corri spesso qui?”

“No, ho appena cominciato a venire qui perché stanno facendo dei lavori sui marciapiedi del mio quartiere.” Una ciocca di capelli uscì dalla treccia mentre correvamo. Ebbi il desiderio di allungare il braccio e mettergliela dietro l’orecchio ma mi trattenni.

“Credo che allora dovrei ringraziare il DDOT.”

“Per cosa?”

“Per aver rotto I marciapiedi. Questo ha cambiato la tua routine e ci ha permesso di incontrarci.” Lei mi guardò di soppiatto ma, ancora una volta, non rispose e quindi proseguii. “Non ho potuto fare a meno di sentirti al telefono.”

Cadence si fermГІ improvvisamente. Quando mi girai per guardarla vidi il suo volto impallidito. Sembrava che avesse appena visto un fantasma. Smisi di correre e tornai indietro camminando verso di lei.

“Lo hai fatto?” disse con un tono di voce molto alto.

“Sì, mi spiace. Non avrei dovuto. Dopo tutto. Già una volta mia hai fatto una lezione sul fatto che spiare non fosse educato,” dissi sorridendo sperando di metterla a suo agio richiamando un vecchio ricordo. “Ora però sono curioso. Cosa dovevi dirmi?”

“Nulla,” disse, solo un po’ troppo velocemente.

Interessante.

Ora ero veramente curioso.

“Guarda, è passato un bel po’ di tempo Cadence. Per quanto mi stia piacendo questa corsa inaspettata con te, preferirei parlare senza ansimare per lo sforzo. Perché non ci fermiamo e andiamo a prendere una tazza di caffè? Possiamo recuperare.”

Lei abbassГІ lo sguardo e scosse la testa. Quando alzГІ gli occhi per guardarmi di nuovo, i suoi occhi erano addolorati. Allungai il braccio e le presi una mano, capendo subito che era un errore. Era sempre stata uno dolore costante nel mio petto e questo movimento mi portava pericolosamente vicino a lei. Guardai verso le sue labbra a forma di cuore. Il bisogno di baciarla fu innegabile.

Cristo, datti una calmata.

Non so come succedesse così velocemente, ma non avrei dovuto esserne sorpreso. Anche quando eravamo più giovani le cose erano andate velocemente. Ora, con la sua piccola mano tra i miei palmi, seppi con assoluta certezza che non volevo lasciarla andare. Non riuscii a obbligarmi a fare un passo indietro.

Per la prima volta dopo diciassette anni, lei mi stava guardando. Pensavo mi fosse passata, ma solo tenerle la mano mi fece capire che non era così—proprio per nulla. In qualche modo, nel corso di un’estate, Cadence mi aveva virtualmente reso inutile per qualsiasi altra donna. Volevo poterlo negare, ma se ci avessi provato, sarebbe stato solo mentire a me stesso. Sicuramente mi ero imbattuto in altre donne meravigliose nel corso della mia vita ma nessuna di loro mi aveva mai attivato come aveva fatto Cadence. La forza magnetica che sentivo sempre verso di lei era ancora presente, forte proprio come il giorno in cui ci eravamo incontrati. Questa poteva essere la mia possibilità per spiegarmi—per scusarmi per non aver avuto le palle di oppormi a mio padre tanti anni prima. Lei doveva sentirmi e sapere che non era passato un singolo giorno senza che avessi pensato a lei.

“Non credo che il caffè sia una buona idea, Fitz,” sussurrò.

“Perché no?”

“Perché io…” iniziò a dire.

Poi mi venne un altro pensiero e guardai velocemente in basso verso la sua mano ancora nella mia—nessun anello. Cercai di nascondere il mio sollievo. Ero stato così preso dall’averla vista di nuovo, che non mi era proprio venuto in mente che lei poteva essersi concessa a qualcun altro. Solo l’idea che lei stesse con un altro uomo mi fece contrarre le viscere anche se non ne avevo alcun diritto.

“É solo un caffè, Cadence.”

Lei si liberò la mano e fece un passo indietro. La sua postura si irrigidì e il suo sguardo divenne più freddo.

“Invece di chiedere a me di uscire per un caffè forse dovresti pensare di portarci tua moglie,” disse con un tono acido. Il modo con cui aveva enfatizzato l’ultima parola mi fece vacillare. Battei le palpebre per un attimo sperduto prima che mi si accese una lampadina.

Lei non lo sa.

“Cadence, non sono sposato. Mia moglie è morta undici anni fa.”

I suoi occhi si spalancarono e lei cominciГІ a ridere ma in un modo che non sembrava per nulla felice.

“Certo che è morta! Non è ironica la vita?” Fece cadere lo sguardo verso terra. Quando lo rialzò la sua espressione era sospettosa. “Guarda, Fitz, mi dispiace per tua moglie—veramente. Ma non so a cosa tu stia pensando. Fare qualsiasi cosa insieme è una cattiva idea. Correre, un caffè, Sono tutte cattive idee. Non c’è modo di recuperare. Sono passata diciassette anni. Quella nave è ormai salpata.”

“Lo è?” chiesi.

La fissai intensamente mentre sollevava le braccia con esasperazione.

“Ci siamo incrociati per caso. E allora? Diciamoci �è stato bello vederti’ e andiamo avanti con le nostre vite.”

Attirato come una falena da una fiamma, o forse voglioso di essere punito le presi di nuovo la mano. Lei non si ritrasse.

“Prendi un caffè con me,” insistetti di nuovo. “Per favore.”

Il conflitto era chiaro nei suoi occhi. Cosa non avrei dato per strisciare nel suo cervello e capire i suoi pensieri. Tutto quello che sapevo era che avevo sognato quegli occhi verdi, quelle labbra morbide, quei capelli biondi per troppo tempo.

“C’è un bar qui vicino lungo Maryland Avenue,” disse alla fine. “Ho tempo solo per una tazza veloce. Devo andare al lavoro alle nove e devo avere il tempo di andare a casa e fare una doccia prima.”

Le lasciai la mano e feci un cenno nella direzione a cui si era riferita.

“Fa’ strada, dolcezza.”

La sua testa scattò in alto per guardarmi. Io le feci l’occhiolino e le lanciai un sorrisetto impertinente che le diceva in silenzio che era vero—mi ricordavo.

Prima che avessimo finito questo improvvisato appuntamento al bar lei avrebbe saputo che io non avevo dimenticato nulla—e che non avevo dimenticato lei.




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